Aprire un piccolo ristoro per sostenere meglio la propria famiglia. Credere nel proprio progetto per uscire da un momento difficile. Trasformare una passione in professione. Un cumulo di sogni può diventare realtà.
Sembra poesia, ma è finanza. O meglio, cambiamento, rivoluzione, per la vita di una famiglia.
In
banca, un piccolo imprenditore può ottenere un prestito in denaro
per realizzare i suoi progetti. Ma non sempre ciò è possibile, per
coloro che vivono in un paese povero. Non sempre è facile per un
povero artigiano o commerciante fornire le adeguate garanzie che il
prestito venga restituito, e allora non si può fare altro che
rinunciare ai propri sogni e sbattere la porta in faccia al futuro,
rinchiudendosi nuovamente nella propria sfera di povertà.
Dalle aule alla strada
Muhammad Yunus è un professore bengalese, laureatosi negli USA alla Vanderbilt University. Conosce bene i meccanismi economici di un paese povero. Passeggiando per le vie di Dacca e per alcuni villaggi del Bangladesh, lui, con in tasca una laurea in una università prestigiosa, non riesce a capire come sia possibile che le tante teorie economiche che ha studiato e fatto sue negli anni di dottorato non siano in grado di far spiccare un salto in avanti ai milioni di suoi concittadini che ogni giorno sfidano le più grandi difficoltà per portare a casa qualcosa da mangiare. Il professor Yunus ha ben chiari in mente gli eccessi della finanza mondiale e le diseguaglianze che esse comportano, ma pensa che la finanza può entrare nella vita di ogni persona per regalargli un futuro migliore. E inventa un sistema creditizio rivolto ai poveri, i quali non hanno accesso ai canali finanziari regolari, come quelli bancari. Il micro-credito – micro, cioè piccolo, perché è un sistema basato sul prestito di piccole somme di denaro – è una rivoluzione nel mondo delle banche. Così, anche il contadino può chiedere un prestito per comprare il fertilizzante per i suoi campi e ottenere un raccolto più ricco, il commerciante può acquistare delle merci di migliore qualità e vendere di più, e la signora che raccoglie frutta nei suoi campi può riempire molte più bottiglie del succo dolce che prepara alla sera – e non bisogna avere un progetto milionario in testa per aver successo.
Il
sistema ha una valenza planetaria, e dopo anni di diffusione e di
presa di coscienza, il docente bengalese viene premiato con il
Nobel per la Pace. Non per l’economia, data la semplicità su cui
si basa il sistema di micro-prestiti, ma forse questo riconoscimento
ha un valore maggiore.
Micro-prestiti,
per macro-rivoluzioni
Chiaro,
anche il microcredito è un prestito: se vuoi che io ti conceda i
miei soldi, ho bisogno che tu me li restituisca un giorno, altrimenti
non posso finanziare altre idee, più e meno brillanti della tua.
Così, dunque, chi ottiene i soldi necessari sa che dovrà lavorare
sodo per rimborsare la “fiducia” concessa e se tutti coloro che
richiedono il servizio ne sono consapevoli, il sistema diventa
solido, chi ottiene il prestito diventa l’imprenditore che
desiderava e chi presta il proprio denaro guadagna nel compenso
maggiore che proprio l’imprenditore è disposto a esborsare,
pagando un interesse, cioè una somma di denaro in più rispetto a
quanto gli è stato concesso sin dall’inizio.
La bellezza di questo strumento sta nell’obiettivo condiviso da più parti, dunque: da un lato “il finanziere”, una persona che conosce molto bene la realtà locale in cui opera e sa quali progetti possono aver più e meno successo e richiedono più e meno fiducia. Il finanziere guadagna perché scommette nell’impegno di colui che fa richiesta del denaro, “l’imprenditore”. L’imprenditore, a sua volta, non è mai solo: il micro-prestito è concesso a un gruppo di persone, perché la fiducia si regge sulle relazioni sociali che intercorrono tra coloro che hanno accesso al fondo per sviluppare i propri progetti. “United we stand”: così se un membro del gruppo non riesce a rimborsare la quota dovuta al termine stipulato, ci sono i compagni che vengono in aiuto. Con la promessa che in futuro, chi ha avuto difficoltà oggi, possa offrire la sua mano domani.
L’istituto
di microfinanza invia dunque i suoi emissari sul campo e intraprende
un dialogo continuo, ben più informale e continuativo che nelle
classiche banche. L’emissario vigila sull’impegno, stimola a
superare le difficoltà e a volte dona i propri consigli per non
rimanere bloccati.
Brillante,
come le donne
Per
la maggior parte dei casi, la microfinanza si rivolge alle donne. In
un paese povero, hanno le idee più brillanti. Nicholas Kristof e
Sheryl Wudunn, una coppia di giornalisti americani, la prima a
vincere il Pulitzer per il giornalismo, hanno raccolto in un libro
intensissimo le storie che hanno ascoltato in giro, nei luoghi
dimenticati dall’umanità: “Half
the sky: how to save the world”.
Le
donne sono costantemente tra gli ultimi, povere tra i poveri, quasi
fosse un ruolo sociale quello di esser dimenticate, violentate,
abbandonate, disprezzate. Eppure, quando vanno a scuola risultano
essere le migliori, quando subiscono violenze sono le prime a
rialzarsi e quando hanno delle buone idee sono le più brave a
trasformarle in realtà. Così, quello nella donna è potenzialmente
l’investimento migliore che i paesi possono realizzare. Le
conseguenze di una voce maggiore concessa alle donne stanno nei modi
migliori in cui esse spendono il denaro ricavato con le loro
attività: materiale scolastico per i figli, medicine per gli anziani
della famiglia, strumenti per il miglioramento e il mantenimento
della casa.
Il
microcredito fornisce uno strumento in questa direzione: un
trampolino di lancio per un gruppo di donne che vuole cambiare la
realtà in cui vivono e vogliono dimostrare il proprio valore in una
società dominata dall’uomo, il quale difficilmente concede spazio,
per motivi culturali, religiosi, storici. Le donne si appoggiano le
une alle altre, facendosi forza e spazio a suon di idee. Così il
gruppo può crescere e creare.
Svolta vera?
Seppur
forte e rivoluzionario, seppur abbia permesso a molte famiglie di
uscire dalla miseria della sussistenza con meno di un dollaro al
giorno, seppure sia in crescita e venga conosciuto da sempre più
persone nel mondo, il microcredito da solo non può cancellare la
povertà. E’ con il paper “The
Miracle of Microfinance? Evidence from a randomized evaluation”,
scritto nel 2009, che gli economisti del Massachussets Institue of
Technology, Esther Duflo, Abijit Banerjee, Rachel Glennerster e
Cynthia Kinnan mettono in evidenza i limiti della microfinanza, per
frenare gli entusiasmi e invitare a imparare da errori e possibili
limitazioni. In particolare, in questo studio condotto in India, i
ricercatori non trovano alcun effetto dell’accesso al microcredito
su spese mediche, educazione, né un miglioramento della posizione
della donna all’interno della famiglia. Inoltre, se coloro che
ricevono il prestito non sono imprenditori o non hanno nemmeno voglia
di iniziare una attività produttiva, con i soldi ricevuti in
prestito si limitano ad aumentare l’acquisto di prodotti di
consumo, anziché di beni da utilizzare in attività imprenditoriali.
In sintesi, il microcredito può rivoluzionare la vita di chi ha già
messo su un’attività o ha idee pronte da sviluppare concretamente,
non quella di tutti. Cioè, dato che non siamo tutti potenziali
imprenditori, la portata del microcredito è più limitata di quello
che ha fatto sperare la sua creazione. Inoltre, un’attività
imprenditoriale è per definizione rischiosa, dunque non sempre chi
ottiene un prestito ha successo e anzi ci si può trovare
semplicemente con un debito in più da pagare.
Un
alleato
Ad
ogni modo, rimane un alleato formidabile nella lotta alla povertà.
Ritmi Africani ne concepisce una variante che lo rende più simile a
una “tontine”, un meccanismo di prestiti a rotazione, in cui un
gruppo si riunisce e mette a disposizione il proprio denaro
che va a ogni membro a turno, finché il giro si esaurisce. Estate
2012: l’associazione ha lanciato il suo “esperimento”. Due
gruppi di donne mandano avanti le proprie attività da un paio di
anni.
A
Baback, nell’entroterra senegalese, le donne di uno dei quartieri
del villaggio, producono il pane e dolci, a lungo utilizzando
semplicemente pentole e brace. Per aumentare la produzione e dunque
le vendite, mancano i fondi, ma sarebbe necessario costruire un forno
che permetta loro di esser più efficienti e veloci.
A
Popenguine, a 70 km a sud di Dakar, una suora ha insegnato alle donne
del villaggio come produrre saponi artigianali e altri prodotti per
l’igiene e la disinfettazione. Il prodotto si vende bene nei
mercatini del villaggio, ma i ricavi coprono appena i costi e per
migliorare la produzione, con qualche variante ai soliti detergenti e
qualche particolarità che aumenti il valore di ciò che viene
venduto, occorrerebbe una maggiore disponibilità finanziaria che
possa ad esempio sostenere la formazione delle donne in nuovi
processi di preparazione dei saponi.
Una buona partenza
Il
microcredito concede i giusti incentivi: non si tratta di una
donazione, lontana ormai dai principi che sorreggono l’associazione
italiana, ma una “promessa” di sviluppo con le donne. Per
dodici/quindici mesi queste ultime si impegnano a restituire una
somma di denaro pari a 500/600 euro maggiorata di un interesse uguale
per entrambi i gruppi imprenditoriali, ma ben al di sotto del
classico tasso richiesto dalle istituzioni di microfinanza vere e
proprie. Il motivo è che Ritmi Africani non punta a guadagnare dalle
attività che appoggia, ma spende tutti i suoi fondi per lo sviluppo
delle realtà locali in Senegal. L’interesse dunque è un incentivo
a incrementare l’impegno e produrre di più, per restituire il
fondo “promesso”. Tutta la differenza rimane nelle loro mani.
Inoltre, il fondo, come da promessa, andrà reinvestito nelle
attività di villaggio; per cui, di fatto, il denaro cui le donne
hanno accesso è solo momentaneamente prestato,
perché farà parte integrante dei fondi a disposizione per lo
sviluppo di altre idee all’interno del proprio villaggio. Per
iniziare con un progetto nuovo, e così via, di anno in anno.
Le
donne di Baback hanno allargato il proprio core
business, cioè
la loro attività principale, al
commercio di articoli di bigiotteria e hanno atteso la fine della
stagione delle piogge per la costruzione definitiva di un forno in
argilla che permette loro, adesso, di produrre fino a 20 kg di pane
al giorno con il costo irrisorio di 2 euro al giorno di combustibile
(legna). Le donne di Popenguine hanno subito intrapreso la formazione
e dopo alcune difficoltà iniziali, dovute a divisioni interne
al gruppo fra donne più intraprendenti e donne più timorose nel
lanciarsi nell’attività, hanno iniziato con successo e più
regolarità la loro produzione.
Il
tutto è rendicontato da Coeur Action, il volto senegalese
dell’associazione italiana, con i suoi volontari, che fungono da
anello di congiunzione con quelli italiani. Non è ancora una storia
di successo – troppo presto, dal momento che i progetti non hanno
compiuto nemmeno un anno, ma le buone notizie caricano di ottimismo e
l’entusiasmo è dipinto sui volti delle donne e dei volontari.
Il
microcredito è dunque un buon punto di inizio. In esso scopi elevati
e interessi particolari riescono a coniugarsi; rappresenta una leva
contro la miseria e ha lasciato ormai il suo segno nella storia di
questo millennio partendo dalla strada, dalla polvere e dalle
delusioni degli ultimi, passando attraverso le lenti delle teorie
economiche. www.noisefromafrica.wordpress.com
Francesco
Loiacono