Dott.ssa Orrico Elvira
Quando
in una coppia il legame inizia a giungere alla sua conclusione inevitabilmente
si giunge ad una situazione di dolore e grande sofferenza che spesso sfocia in situazioni
conflittuali.
La
situazione è di dolore per entrambi, ma questa sofferenza stavolta non riesce
ad essere
condivisa in alcun modo dalla coppia. Ognuno risulta ripiegato su di sé e
non riesce
a
confrontarsi con l’altro, ma di conseguenza anche con la realtà, passata e
presente. Per quanto il conflitto sia un elemento indispensabile di una
relazione, ci troviamo ora dinanzi ad una condizione di separazione. L’alta
conflittualità che viene a delinearsi può acquisire e presentarsi con varie
forme e modalità d’azione a seconda del vissuto emotivo che in quel momento si vive. Di
conseguenza riteniamo che sia sbagliato prendere in considerazione il conflitto
come qualcosa che è lì e sussiste sempre con modalità diverse mutando solo
d’intensità, ma sarebbe più giusto ritenerlo in continuo cambiamento
identificandolo come una sorta di processo con un proprio ciclo di vita.
Infatti, il conflitto ha un suo inizio, che possiamo vedere come l’accensione
di una miccia, un continuum, un acme e una fine che a nostro parere può
intraprendere una scelta tra due opzioni: una visione positiva, in cui il
conflitto viene vissuto come trasformazione, cambiamento e rinascita; una
visione negativa, quando l’individuo non riuscendo a svolgere il suo percorso
di risoluzione del lutto e dell’abbandono, acutizza l’odio e il
rancore unendoli ai sensi di colpa sul perché la storia e il matrimonio
abbia avuto fine.
Improvvisamente si tende a
considerare l’altro una persona completamente diversa da quella con cui fino a
poco tempo prima si divideva la casa, la vita, le attese, le gioie e i dolori,
vedendolo come il male personificato pronto a tutto pur di distruggere l’altro.
Quindi l’unica modalità per uscirne vivo e non restarne sopraffatto è di
attaccare a sua volta, innescando così un circolo vizioso che ha al suo centro
una conflittualità molto accesa e senza alcuna possibilità di comprensione
reciproca.
Tendono
in questo modo ad esprimere il conflitto attraverso: competizione; violenza; ostilità; potere
sull’altro inteso come Io vinco-Tu perdi.
Possiamo
vedere di
conseguenza il
conflitto come la scoperta improvvisa della diversità dell’altro che
il soggetto tende in genere a negare, proprio per poter salvare e salvaguardare
la relazione. La caratteristica negativa nel conflitto non sta nel fatto che è
presente, ma riguarda la relazione negativa che attua. Le aree
in cui s’inizia ad insinuare il conflitto sono numerose. La più importante è
quella che riguarda la sfera della comunicazione. È qui che si danno inizio
alle maggiori incomprensioni nella coppia; infatti, nel conflitto si opera in
ogni messaggio trasmesso una sorta di alterazione che non va verso la
comprensione, ma tende sempre di più ad aggravare la conflittualità già
presente, distaccandosi sempre di più dal tema originario facendo scivolare
sempre più la relazione nel baratro. Questo tipo di conflitto non risulta mai
sano e positivo nella risoluzione di un conflitto all’interno della relazione,
poiché la cattiva qualità comunicativa impedisce che si possa arrivare a comunicare
correttamente le carenze comunicative. Ed ecco che il conflitto sulla
comunicazione diviene patologico, nel senso che nel suo esistere tende a
mantenere la situazione altamente ostile molto a lungo nel tempo.
Possiamo
affermare, che una situazione di piena ostilità in una coppia
rappresenti un evento critico, una crisi in cui troviamo una frattura tra
desiderio e realtà. Ed è attraverso questa crisi che molte volte si giunge alla
decisione estrema, la separazione, portando nella vita dei due ex
una sorta di lutto da separazione.
Nessun commento:
Posta un commento