Relazione della dott.ssa Francesca Filice al convegno " Stalking: non chiamatelo amore"
Con
il termine “stalking” – sindrome delle molestie
assillanti- si intende un insieme di comportamenti tramite i quali
una persona affligge un’altra con intrusioni e comunicazioni
ripetute e indesiderate, a tal punto da provocargli ansia o paura.
Lo
stalking rappresenta un fenomeno relativamente nuovo in quanto i
comportamenti che lo costituiscono sono stati riunificati e
classificati sotto questa denominazione solo a partire dagli anni
Novanta del XX secolo, in seguito ad alcuni episodi di atti
persecutori perpetrati da fan squilibrati ai danni di personaggi
famosi.
Nel
corso degli ultimi vent’anni il fenomeno ha raggiunto un’estensione
dilagante: la proliferazione di leggi anti-stalking prima in
alcuni Stati federali degli USA poi nel resto del mondo anglosassone
ed europeo, la quantità dei casi discussi in tribunale, gli studi
accademici, le ricerche empiriche e l’attenzione da parte dei media
fanno entrare lo stalking nel linguaggio quotidiano mentre
risulta evidente che non si tratta di un crimine che coinvolge solo
le celebrità ma di un modello di persecuzione e ossessione che
riguarda piuttosto la gente comune.
Contemporaneamente
agli studi in ambito forense e agli interventi di carattere
legislativo anche in ambito clinico e sociale si sono sviluppati
diversi filoni di ricerca. Mentre i primi studi si sono concentrati
sulle tipologie comportamentali del molestatore-persecutore,
altre ricerche hanno messo in evidenza l’impatto
socio-psicologico dello stalking sulle vittime, altre ancora, le
più recenti, hanno avuto come focus d’attenzione le misure
terapeutiche per il recupero non solo della vittima di stalking
ma anche dello stalker
La
progressione dinamica dello Stalking
Lo
Stalking è una persecuzione e una violenza, ma è anche e
soprattutto una situazione conflittuale estrema. Se partiamo
da questo punto di vista, allora possiamo dedurre logicamente che
anche lo Stalking possiede le peculiarità di tutti i conflitti,
prima fra tutte la caratteristica di non essere fissa e stabile,
bensí di subire una costante evoluzione dinamica. Lo Stalking non
nasce per caso, cambia aspetto nel tempo e tende a uno scopo,
progredisce secondo fasi successive e relativamente prevedibili,
inquadrabili in un modello teorico di sviluppo a 4 fasi.
Fase
I: Relazione conflittuale
Lo
Stalking non nasce per caso, ma è sempre in qualche modo motivato.
In tutti i casi è individuabile a monte una relazione emotiva
conflittuale tra stalker e vittima: un legame precedente interrotto o
terminato per qualche ragione (solitamente per decisione della
vittima) oppure un rapporto intensamente desiderato dallo stalker ma
non accettato dalla vittima. Ciò implica che il molestatore
conosce sempre piuttosto bene la sua vittima, vuoi per la storia
precedente che li accomuna, vuoi perché per lo stalker è essenziale
accumulare quante più informazioni possibili sulla sua vittima
Fase
II: Azioni persecutorie e continuative (Stalking)
Questa
fase avviene come diretta conseguenza della precedente. Da parte
dello stalker la relazione conflittuale iniziale è chiaramente
disturbata: il rifiuto della vittima, la sua inaccessibilità
o l'impossibilità di colpirla efficacemente lo rendono frustrato;
egli vive la situazione come penalizzante ed ingiusta; sempre di più
la sua incapacità di realizzare le sue intenzioni verso la vittima
assume per lui i contorni di una sconfitta personale da cui sente il
bisogno impellente di riscattarsi. (Spesso infatti lo stalker ha una
percezione distorta e paradossale di se stesso come reale vittima
della situazione e questo lo porta ad intensificare ulteriormente il
suo perverso desiderio di giustizia o di vendetta).
Quando
questo grumo di emozioni intense accumulate nella mente ormai
perversa dello stalker scoppia, il molestatore passa dalle
intenzioni all'azione: azioni ostili, con una frequenza almeno
settimanale e con durata superiore a tre mesi. A questo punto inizia
dunque la seconda fase del modello, che coincide con l'azione di
Stalking vera e propria.
Fase
III: Conseguenze psico-fisiche della vittima
Il
manifestarsi di un disagio psicosomatico nella vittima come
conseguenza alla pressione è infatti un'altra caratteristica tipica
di tutti i conflitti. I sintomi che la vittima di Stalking
manifesta sono: insonnia, ansia, perdita dell'appetito o bulimia
nervosa, irritabilità, ritiro sociale, crollo dell'autostima, etc. Inizialmente
si tratta di occasionali segnali d'allarme che il corpo manda nei
momenti in cui la pressione supera il limite della sopportabilità.
Il grado di remissione è inversamente proporzionale alla durata
della persecuzione: più essa è breve e più il recupero sarà
veloce e completo. Se invece lo Stalking prosegue ed aumenta di
intensità, anche i sintomi tenderanno a cronicizzarsi e a portare a
vere e proprie patologie.
Fase
IV: Scontro finale
Non
è raro che lo Stalking abbia una conclusione tragica. Con il
tempo lo stalker può diventare davvero pericoloso: nella sua
mente si può innescare un meccanismo perverso di frustrazione e
successivo stimolo di rivalsa che può portarlo ad essere
perennemente insoddisfatto delle sue azioni e quindi ad
intensificarne costantemente il contenuto e le modalità di
esecuzione. Anche la vittima, d'altra parte, può giungere ad un
livello di esasperazione tale da perdere i freni inibitori e
trasformarsi essa stessa in strumento di vendetta contro il suo
carnefice. Di solito e per fortuna, tuttavia, lo scontro fisico e
l'epilogo distruttivo restano per i protagonisti di una vicenda di
Stalking a livello esclusivamente mentale ed ideativo. Così, il più
delle volte l'ultima fase della persecuzione è costituita da una
denuncia penale o da uno scontro legale.
CONSEGUENZE
DEL CONFLITTO Per la vittima
A)
Danni alla salute
Vari
e diversi sono i disturbi che una vittima di Stalking può
accusare. I più comuni sono: agitazione, tensione, nervosismo,
angoscia, tristezza, impotenza, frustrazione. Possono
presentarsi anche sintomi psicosomatici quali insonnia, problemi
digestivi, mal di testa, dolori muscolari, stanchezza, svenimenti,
attacchi di panico, mentre a volte si registra un aggravamento anche
consistente di una patologia preesistente (per esempio
l'ipertensione, la gastrite, il diabete). Per combattere il malessere
la vittima di solito ricorre a farmaci, terapie, visite, con
grande dispendio di energie, tempo e denaro. Se i sintomi persistono
nel tempo e si presentano con regolarità e gravità, possono dar
luogo a vere e proprie patologiche psichiatriche (Ansia,
Depressione, Disturbo
Post Traumatico da stress)
B)
Danni psicologici ed esistenziali
Al
di là del danno alla salute, c'è un altro ambito in cui la vittima
di un conflitto organizzati subisce lesioni anche gravissime, a volte
persino irrimediabili: si tratta del contesto cosiddetto
psicologicoesistenziale, ossia tutto quello che riguarda le
modificazioni peggiorative più o meno gravi della qualità di vita,
delle modalità di relazione sociale ed affettiva, delle abitudini e
dei comportamenti, degli interessi personali ed extralavorativi.
Esprimersi
liberamente come persona, provare soddisfazione nelle proprie
attività quotidiane, in una parola, avere la capacità e la
possibilità di godere appieno della propria vita. In
caso di Stalking, la vittima può subire anche danni più immediati e
pratici. A livello
privato e personale il perseguitato, nel tentativo di liberarsi del
persecutore, può essere costretto a cambiare il numero di
telefono e di indirizzo di posta elettronica, se non addirittura
a lasciare la propria casa ed il proprio lavoro per trasferirsi in
un'altra città.
Le
vittime di una persecuzione, sono poi quasi sempre costrette a
cambiare vita e abitudini, e di solito non certo in meglio:
per esempio non possono più dedicarsi liberamente a certe attività
per loro gratificanti come lo shopping, il divertimento, lo sport, le
vacanze, etc (spesso non hanno nemmeno più la capacità interiore di
farlo perché oppresse dall'ansia e dalla depressione). Può capitare
anche che cambino le loro abitudini ed i loro comportamenti, che
diventino sospettose, irritabili, aggressive, che perdano affetti ed
amicizie, che siano costrette a troncare relazioni sentimentali, che
per paura limitino drasticamente la loro vita sociale evitando di
vedere parenti, figli o genitori, col risultato di dar luogo ad
incomprensioni, risentimenti, conflitti relazionali.
L’incremento
significativo di comportamenti, azioni e atteggiamenti riconducibili
al concetto di stalking è connesso a particolari cambiamenti della
società contemporanea. Ci
possiamo chiedere come si è giunti – nella maggior parte dei Paesi
avanzati – a definire e sanzionare come reato dei comportamenti il
cui fastidio un tempo veniva generalmente tollerato e semmai
contrastato con altre modalità. Si
possano individuare tre passaggi cruciali:
–
l’effettivo
incremento delle condotte persecutorie determinato dalla crisi
delle relazioni interpersonali (specialmente affettive e di
coppia) che senza dubbio contraddistingue le società
post-industriali, in presenza di strumenti tecnologici di uso comune
che rendono assai semplice porre in essere contatti diretti a
distanza mantenendo l’anonimato; Per quanto riguarda il primo, le
analisi sono concordi nel riconoscere nello stalking un vero e
proprio problema di carattere intersoggettivo, in cui risulta
fondamentale l’esame delle dinamiche di tipo relazionale e
comunicativo tra persecutore e vittima, che stanno alla base di tale
realtà. A questo proposito può risultare utile una riflessione
generale sul carattere dei rapporti interpersonali che si instaurano
nella nostra società, contraddistinti dalla temporaneità e dalla
provvisorietà delle relazioni intersoggettive. Se
i legami duraturi e stabili stanno divenendo un’eccezione – a
fronte della regola dei rapporti transitori e poco impegnativi – ne
consegue, fra l’altro, un’instabilità sentimentale, che
determina frequenti e repentine rotture
dei rapporti, potenzialmente pericolose. Infatti, la scelta
unilaterale di troncare un legame pone colui che decide di
allontanarsi in una situazione di possibile rischio: chi subisce la
fine del rapporto prova un senso di smarrimento, che potrebbe
tramutarsi in ira e frustrazione e, d’altro canto, l’ex partner è
segnato dal sentimento di colpa.
–
rispetto al passato, la
maggior consapevolezza e determinazione delle vittime (che
sono soprattutto, anche se non esclusivamente, donne) nel difendere
la propria sfera di autonomia personale e sentimentale; Il secondo
dei tre passaggi è speculare al primo e concerne l’atteggiamento
psicologico delle vittime, in gran parte donne, certamente più
reattivo che nel passato. La coscienza della propria dignità e la
sicurezza derivante
da una maggiore autonomia e peso sociale le portano a non tollerare
più approcci indesiderati e a non subire passivamente ritorsioni e
costrizioni nei percorsi di separazione. Non a caso molte vicende di stalking
trovano origine in contesti di violenza domestica: nel momento in cui
la vittima decide, unilateralmente, di portare a termine il rapporto
coniugale o comunque di convivenza l’ex partner – il più delle
volte un uomo – inizia una serie di atti persecutori duratura ed
insistente. Le condotte più ricorrenti comprendono le minacce, gli
atti di vandalismo ai danni della proprietà e le aggressioni
fisiche, che spesso la vittima ha subito già nel corso della
relazione (c.d. stalking “familiare” o “domestico”). In
effetti le convivenze familiari o comunque le relazioni
caratterizzate da comportamenti violenti implicano un elevato rischio
di originare condotte di molestia in caso di separazione.
–
contestualmente,
l’affermazione giuridica e culturale di una piena parità fra i
sessi, legata alle conquiste dei movimenti per i diritti civili e
l’emancipazione femminile. In
questo quadro, il terzo elemento determinante per l’attribuzione
della natura di vero e proprio reato alle condotte di stalking è
costituito dal pieno riconoscimento sociale, culturale e
istituzionale delle aspettative
delle
vittime, che si sostanzia nell’intervento legislativo ad hoc.
Come osservavo in
precedenza, l’evoluzione sul fronte dei diritti civili, della
parità fra i sessi ed una maggiore sensibilità in tema della tutela
della privacy sono stati fattori di spinta decisivi.
Cosa
differenzia lo stalking da un comportamento ‘normale’?
Quando
si cerca di stabilire una relazione con qualcuno, la maggior parte
delle persone sono in grado, dopo alcune risposte negative, di
comprendere che l’altra persona non è interessata.
Continuare a insistere ulteriormente può significare dare inizio a
una condotta di stalking.
Quando
una relazione si interrompe, è normale che la persona abbandonata si
senta particolarmente turbata. Spesso, una reazione all’abbandono
può essere quella di tentare di ristabilire un contatto con l’altra
persona, supplicandola per avere un’altra possibilità di
ricostruire il rapporto. La maggior parte delle persone sono in grado
di accettare, pur con difficoltà, la fine di una relazione in un
tempo relativamente breve. Ricerche empiriche mostrano che un lasso
di tempo di circa due settimane può essere considerato un
periodo di tempo oltre il quale il protrarsi di tentativi di
riavvicinamento, se rifiutati, diventa problematico. Tentativi
ulteriori di comunicare con l’ex-partner o di imporre la propria
presenza o le proprie attenzioni dopo questo periodo possono
configurare una condotta di stalking, se l’altra persona ha
specificato chiaramente
di non essere interessata.
Lo
stalking produce, quale scopo principale o quale effetto secondario,
ansia o paura nelle vittime. Questo aspetto lo differenzia
dalle normali interazioni sociali. Una
caratteristica dello stalking è rappresentata dalla sua durata.
Queste condotte possono protrarsi per molto tempo, anche mesi o
addirittura anni. Questo
ovviamente non rientra in ciò che definiamo normali tentativi di
entrare in contatto con una persona.
CHE TIPO DI
STALKER TI STA MOLESTANDO?
Una
classificazione basata su circa 200 stalker è stata elaborata in
Australia.
La
ricerca suddivide gli stalker in cinque categorie:
1)
Il primo tipo di stalker è un ex-partner respinto. La vittima
e lo stalker hanno avuto in passato una relazione sentimentale che si
è conclusa. I motivi del comportamento dello stalker sono
riconducibili al desidero di riallacciare la relazione o al
tentativo di vendicarsi per essere stati respinti. Questo tipo
di stalker può essere molto insistente ed intrusivo. Lo stalking
rappresenta una modalità di mantenere in vita il rapporto per quegli
stalker che sono rimasti invischiati nella relazione, e su cui
riversano la propria rabbia. Non sono infrequenti storie di violenza
nei confronti del partner durante la relazione che continuano anche
dopo la rottura. Una parte di questi stalker e caratterizzata da
marcate anomalie caratteriali, dipendenza, tratti narcisistici o
paranoici e/o abuso di sostanze. Possono essere presenti anche veri e
propri disturbi mentali. Essi hanno bisogno di aiuto nell’accettare
la perdita del partner e nel cercare nuovi obiettivi sociali.
2)
Il secondo tipo è lo stalker in cerca di intimità che
indirizza i suoi sforzi nel tentativo
di costruire una relazione con una persona che lo attrae o che egli
ritiene sia innamorata
di lui. Si tratta di stalker molto insistenti nei loro approcci con
la vittima perché
pensano che la vittima cederà se ci mettono abbastanza impegno. Il
rischio di violenza
non è immediato, ma aumenta con il passare del tempo. Spesso questi
stalker non hanno avuto precedenti relazioni e sono piuttosto soli.
Possono presentare disturbi mentali abbastanza variegati che vanno
dalla schizofrenia al disturbo di personalità narcisistico. Il loro
trattamento dovrebbe essere focalizzato sul
disturbo
mentale che sottende le condotte di stalking. Le sanzioni penali non
si rivelano
molto efficaci con questo tipo di stalker che può interpretarle come
una prova da superare per dimostrare la propria devozione invece di
esserne dissuasi.
3)
Un altro tipo di stalker è il corteggiatore inadeguato. Il
comportamento è finalizzato al desiderio di instaurare una relazione
sentimentale. Si tratta di persone incapaci di stabilire una
relazione, che sono spesso anche incapaci di accettare un rifiuto.
Sovente mettono
in atto condotte di stalking nei confronti di più vittime e cercano
un nuovo bersaglio
ogni qualvolta non hanno successo con quello precedente. Questo tipo
di stalker
può diventare violento quando la vittima gli oppone resistenza.
4)
Lo stalker rancoroso e motivato dal desiderio di vendicarsi e
di creare paura e tensione
nella vittima. Questi stalker percepiscono se stessi come vittime
che devono difendersi contro presunti persecutori ed invariabilmente
si sentono giustificati nel proprio comportamento. Talvolta la
vittima è vista come un simbolo delle persone che hanno tormentato
ed umiliato lo stalker in passato e pertanto spesso viene scelta in
maniera casuale. In alcuni casi lo stalker può diventare violento e
può presentare alcuni disturbi mentali come un disturbo di
personalità paranoide, un disturbo schizofrenico o delirante.
5)
Lo stalker predatore è quello che si prepara a un’aggressione
sessuale nei confronti della vittima e mette in atto un’ampia gamma
di comportamenti. Non fa che pensare ossessivamente alla vittima in
termini sessuali, e diventa violento solo a distanza di tempo. Essi
mostrano problemi di autostima, nel funzionamento sociale e nelle
relazioni sessuali.
Quali
sono i pericoli connessi allo stalking?
La
vita della vittima di stalking può divenire particolarmente
difficile: molte
persone,
per timore di ricevere nuove molestie, hanno paura di uscire di casa,
non riescono a mantenere il proprio lavoro, non sono in grado di
instaurare nuove relazioni e quindi sono incapaci di salvaguardare la
propria quotidianità.
La
ricerca ha dimostrato che molte vittime, in seguito a tali
esperienze, soffrono di ansia, depressione o disturbo post-traumatico
da stress.
Esiste
anche il pericolo, che la vittima possa subire vere e proprie forme
di violenza da parte dello stalker. Questo, in particolare, accade
laddove lo stalker sia un ex-partner. Al
di là della particolare attenzione che va prestata agli effetti
prodotti sulla vittima, occorre anche ricordare quanto possano essere
talora ugualmente devastanti le conseguenze per lo stalker, il quale
in alcuni casi può soffrire di seri disturbi mentali che
richiederebbero un trattamento.
Dati Italia
In
Italia, gli unici dati ufficiali disponibili sul fenomeno dello
stalking sono quelli che derivano dall’“Indagine Multiscopo
sulla sicurezza delle donne” condotta dall’ ISTAT, indagine che
ha misurato la violenza (fisica, sessuale e psicologica) e i
maltrattamenti contro le donne, dentro e fuori la famiglia.
Le
violenze rilevate nell’ ambito di comportamenti di stalking si
riferiscono a episodi messi in atto da ex partner al momento della
separazione, che avrebbero coinvolto 2 milioni e 77 mila donne, pari
al 18,8% del totale. In particolare, è emerso come il 48,8% delle
donne vittime di violenza fisica o sessuale ad opera di un ex partner
abbia subito anche comportamenti persecutori. La
Calabria rappresenta la terza Regioni con il più alto tasso
di vittime di stalking, circa il 24% , preceduta dall’Emilia
Romagna con il 39% e dalla Toscana il 28%.
A cura della dott.ssa Francesca Filice