Il celebre economista no global affida al New York Times le sue previsioni su un mondo in cui l'economia basata sul profitto sarà sempre più marginale. Anche oggi sempre più persone grazie alla tecnologia accedono gratis a beni e servizi, e in futuro anche agli oggetti, grazie a un Internet dedicato alle cose. E nella nuova economia, il non profit sarà leader
Un
“gratis” seppellirà il capitalismo. Parte da qui la tesi esposta
da Jeremy Rifkin in un interessante
articolo comparso sul New York Times,
in cui il celebre economista autore del recente The Zero Marginal
Cost Society preconizza la
fine del capitalismo e l’avvento dell’era dei beni comuni, grazie
a una nuova, gigantesca rete: l’Internet degli oggetti.
Molti
beni e servizi – osserva Rifkin – nella società sviluppata
stanno diventando gratuiti o quasi, anche grazie allo sviluppo delle
tecnologie: basti pensare alla musica, o all’informazione, o anche
alle comunicazioni. Ma anche al settore manifatturiero (quante
persone realizzano oggetti di uso comune da sé?), all’istruzione
(si pensi ai corsi universitari online), all’energia. Una riduzione
del margine era stata prevista dagli economisti, ma non la loro
discesa fin quasi a zero no. Quali
conseguenze potrà avere questo fenomeno di esclusione, o meglio
bypass, del mercato sul futuro del capitalismo?
Certo,
non tutti gli osservatori ammettono che il fenomeno esiste, continua
Rifkin. Alcuni sostengono che ci sarà sempre chi è disposto a
pagare per avere un servizio più efficiente e di qualità, e i beni
di fascia alta garantiranno sufficienti margini per mantenere in vita
il sistema. Ma Rifkin insiste:l’economia
a costo zero esiste, e si espanderà sempre più, riguardando
l’intera economia, grazie a una rivoluzione che è già iniziata e
presto ci invaderà: l’Internet degli oggetti.
Questa
“formidabile nuova infrastruttura tecnologica” è una piattaforma
tecnologica che sta cominciando a collegare tutto e tutti: già oggi
oltre 11 miliardi di sensori – scrive Rifkin - sono collegati a
risorse naturali, linee di produzione, rete elettrica, reti
logistiche e flussi di riciclaggio e si trovano nelle case , uffici,
negozi e veicoli, alimentando la rete. Ed entro il 2020 si prevede
che almeno 50 miliardi di sensori potranno connettersi tra loro.
Lo
scenario delineato è futuribile: “Chiunque potrà connettersi alla
rete e utilizzare I grandi numeri, le analisi e gli algoritmi
necessary ad aumentare l’efficienza e abbassare i costi della
produzione e condivisione di una vasta gamma di prodotti e servizi a
costo zero, esattamente come oggi già facciamo con le
informazioni”. Cisco
prevede che entro il 2022 i guadagni in termini di
produttività del settore privato servito dall’Internet degli
oggetti supererà i 14mila miliardi dollari, e uno studio di General
Electric stima che i progressi di produttività di questa rete
potrebbero influenzare la metà dell'economia globale entro il 2025.
A
questo punto la domanda è: come sarà questa economia del futuro,
quando milioni di persone saranno in grado di creare e di beni e
servizi e condividerli quasi gratis? La risposta per Rifkin sta nella
società civile, “composta di organizzazioni non profit che si
occupano di ciò che facciamo e condividiamo come comunità. In
termini monetari, il non profit è una potenza. I profitti del
settore sono cresciuti del 41% dal 2000 al 2010, ovvero più del
doppio del Pil americano, che è aumentato solo del 16,4% nello
stesso decennio. Nel 2012 il non profit USA rappresentava il 5,5% del
Pil”.
Collaborazione,
accesso universale e inclusione: sono queste dunque le parole
d’ordine che potranno creare l’economia del futuro, fatta di
capitale sociale, accanto al mercato capitalistico. Un
mercato di cui già si vedono le prime avvisaglie in fenomeni come il
car sharing, di cui usufruiscono 1,7 milioni di persone nel mondo;
milioni di persone utilizzano i social media , le reti di
ridistribuzione e le cooperative per condividere non solo auto ma
anche case, vestiti, utensili , giocattoli e altri articoli a costo
marginale basso o vicino allo zero. L'
economia della condivisione ha prodotto ricavi per 3,5 miliardi nel
2013. E ancora: negli Stati Uniti, il numero delle organizzazioni non
profit è cresciuto di circa il 25% tra il 2001 e il 2011, passando
da 1,3 a 1,6 milioni, mentre le imprese a scopo di lucro sono
aumentate dello 0,5%. Negli Stati Uniti , Canada e Gran Bretagna
l'occupazione nel settore non profit supera attualmente il 10% della
forza lavoro .
“Nonostante
questa crescita impressionante, molti economisti sostengono che il
settore non profit non è una forza economica autosufficiente, ma un
parassita che si nutre di concessioni statali e filantropia privata”,
scrive ancora l’economista, “mentre è esattamente il
contrario. Un
recente studio ha rivelato che circa il 50% del fatturato complessivo
dei settori non profit di 34 paesi proviene dai cittadini che
usufruiscono dei servizi, solo il 36% da contributi pubblici e il 14%
da filantropia privata”.
“E’
probabile che il sistema capitalista rimarrà con noi anche in
futuro”, conclude Rifkin, “anche se con un ruolo più snello, di
aggregatore di servizi e soluzioni di rete, e lì, in questa nicchia,
potrà anche prosperare. Stiamo
però entrando in un mondo al di là dei mercati, fatto di beni
comuni globali, dove impareremo a vivere insieme in modo sempre più
interdipendente e collaborativo”.
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