martedì 11 marzo 2014

Stalking: non chiamatelo amore

Relazione della dott.ssa Francesca Filice al convegno " Stalking: non chiamatelo amore"

Con il termine “stalking” – sindrome delle molestie assillanti- si intende un insieme di comportamenti tramite i quali una persona affligge un’altra con intrusioni e comunicazioni ripetute e indesiderate, a tal punto da provocargli ansia o paura.
Lo stalking rappresenta un fenomeno relativamente nuovo in quanto i comportamenti che lo costituiscono sono stati riunificati e classificati sotto questa denominazione solo a partire dagli anni Novanta del XX secolo, in seguito ad alcuni episodi di atti persecutori perpetrati da fan squilibrati ai danni di personaggi famosi.
Nel corso degli ultimi vent’anni il fenomeno ha raggiunto un’estensione dilagante: la proliferazione di leggi anti-stalking prima in alcuni Stati federali degli USA poi nel resto del mondo anglosassone ed europeo, la quantità dei casi discussi in tribunale, gli studi accademici, le ricerche empiriche e l’attenzione da parte dei media fanno entrare lo stalking nel linguaggio quotidiano mentre risulta evidente che non si tratta di un crimine che coinvolge solo le celebrità ma di un modello di persecuzione e ossessione che riguarda piuttosto la gente comune.
Contemporaneamente agli studi in ambito forense e agli interventi di carattere legislativo anche in ambito clinico e sociale si sono sviluppati diversi filoni di ricerca. Mentre i primi studi si sono concentrati sulle tipologie comportamentali del molestatore-persecutore, altre ricerche hanno messo in evidenza l’impatto socio-psicologico dello stalking sulle vittime, altre ancora, le più recenti, hanno avuto come focus d’attenzione le misure terapeutiche per il recupero non solo della vittima di stalking ma anche dello stalker

La progressione dinamica dello Stalking

Lo Stalking è una persecuzione e una violenza, ma è anche e soprattutto una situazione conflittuale estrema. Se partiamo da questo punto di vista, allora possiamo dedurre logicamente che anche lo Stalking possiede le peculiarità di tutti i conflitti, prima fra tutte la caratteristica di non essere fissa e stabile, bensí di subire una costante evoluzione dinamica. Lo Stalking non nasce per caso, cambia aspetto nel tempo e tende a uno scopo, progredisce secondo fasi successive e relativamente prevedibili, inquadrabili in un modello teorico di sviluppo a 4 fasi.

Fase I: Relazione conflittuale
Lo Stalking non nasce per caso, ma è sempre in qualche modo motivato. In tutti i casi è individuabile a monte una relazione emotiva conflittuale tra stalker e vittima: un legame precedente interrotto o terminato per qualche ragione (solitamente per decisione della vittima) oppure un rapporto intensamente desiderato dallo stalker ma non accettato dalla vittima. Ciò implica che il molestatore conosce sempre piuttosto bene la sua vittima, vuoi per la storia precedente che li accomuna, vuoi perché per lo stalker è essenziale accumulare quante più informazioni possibili sulla sua vittima
Fase II: Azioni persecutorie e continuative (Stalking)
Questa fase avviene come diretta conseguenza della precedente. Da parte dello stalker la relazione conflittuale iniziale è chiaramente disturbata: il rifiuto della vittima, la sua inaccessibilità o l'impossibilità di colpirla efficacemente lo rendono frustrato; egli vive la situazione come penalizzante ed ingiusta; sempre di più la sua incapacità di realizzare le sue intenzioni verso la vittima assume per lui i contorni di una sconfitta personale da cui sente il bisogno impellente di riscattarsi. (Spesso infatti lo stalker ha una percezione distorta e paradossale di se stesso come reale vittima della situazione e questo lo porta ad intensificare ulteriormente il suo perverso desiderio di giustizia o di vendetta).
Quando questo grumo di emozioni intense accumulate nella mente ormai perversa dello stalker scoppia, il molestatore passa dalle intenzioni all'azione: azioni ostili, con una frequenza almeno settimanale e con durata superiore a tre mesi. A questo punto inizia dunque la seconda fase del modello, che coincide con l'azione di Stalking vera e propria.

Fase III: Conseguenze psico-fisiche della vittima
Il manifestarsi di un disagio psicosomatico nella vittima come conseguenza alla pressione è infatti un'altra caratteristica tipica di tutti i conflitti. I sintomi che la vittima di Stalking manifesta sono: insonnia, ansia, perdita dell'appetito o bulimia nervosa, irritabilità, ritiro sociale, crollo dell'autostima, etc. Inizialmente si tratta di occasionali segnali d'allarme che il corpo manda nei momenti in cui la pressione supera il limite della sopportabilità. Il grado di remissione è inversamente proporzionale alla durata della persecuzione: più essa è breve e più il recupero sarà veloce e completo. Se invece lo Stalking prosegue ed aumenta di intensità, anche i sintomi tenderanno a cronicizzarsi e a portare a vere e proprie patologie.

Fase IV: Scontro finale
Non è raro che lo Stalking abbia una conclusione tragica. Con il tempo lo stalker può diventare davvero pericoloso: nella sua mente si può innescare un meccanismo perverso di frustrazione e successivo stimolo di rivalsa che può portarlo ad essere perennemente insoddisfatto delle sue azioni e quindi ad intensificarne costantemente il contenuto e le modalità di esecuzione. Anche la vittima, d'altra parte, può giungere ad un livello di esasperazione tale da perdere i freni inibitori e trasformarsi essa stessa in strumento di vendetta contro il suo carnefice. Di solito e per fortuna, tuttavia, lo scontro fisico e l'epilogo distruttivo restano per i protagonisti di una vicenda di Stalking a livello esclusivamente mentale ed ideativo. Così, il più delle volte l'ultima fase della persecuzione è costituita da una denuncia penale o da uno scontro legale.

CONSEGUENZE DEL CONFLITTO Per la vittima
A) Danni alla salute
Vari e diversi sono i disturbi che una vittima di Stalking può accusare. I più comuni sono: agitazione, tensione, nervosismo, angoscia, tristezza, impotenza, frustrazione. Possono presentarsi anche sintomi psicosomatici quali insonnia, problemi digestivi, mal di testa, dolori muscolari, stanchezza, svenimenti, attacchi di panico, mentre a volte si registra un aggravamento anche consistente di una patologia preesistente (per esempio l'ipertensione, la gastrite, il diabete). Per combattere il malessere la vittima di solito ricorre a farmaci, terapie, visite, con grande dispendio di energie, tempo e denaro. Se i sintomi persistono nel tempo e si presentano con regolarità e gravità, possono dar luogo a vere e proprie patologiche psichiatriche (Ansia, Depressione, Disturbo Post Traumatico da stress)

B) Danni psicologici ed esistenziali
Al di là del danno alla salute, c'è un altro ambito in cui la vittima di un conflitto organizzati subisce lesioni anche gravissime, a volte persino irrimediabili: si tratta del contesto cosiddetto psicologicoesistenziale, ossia tutto quello che riguarda le modificazioni peggiorative più o meno gravi della qualità di vita, delle modalità di relazione sociale ed affettiva, delle abitudini e dei comportamenti, degli interessi personali ed extralavorativi.
Esprimersi liberamente come persona, provare soddisfazione nelle proprie attività quotidiane, in una parola, avere la capacità e la possibilità di godere appieno della propria vita. In caso di Stalking, la vittima può subire anche danni più immediati e pratici. A livello privato e personale il perseguitato, nel tentativo di liberarsi del persecutore, può essere costretto a cambiare il numero di telefono e di indirizzo di posta elettronica, se non addirittura a lasciare la propria casa ed il proprio lavoro per trasferirsi in un'altra città.
Le vittime di una persecuzione, sono poi quasi sempre costrette a cambiare vita e abitudini, e di solito non certo in meglio: per esempio non possono più dedicarsi liberamente a certe attività per loro gratificanti come lo shopping, il divertimento, lo sport, le vacanze, etc (spesso non hanno nemmeno più la capacità interiore di farlo perché oppresse dall'ansia e dalla depressione). Può capitare anche che cambino le loro abitudini ed i loro comportamenti, che diventino sospettose, irritabili, aggressive, che perdano affetti ed amicizie, che siano costrette a troncare relazioni sentimentali, che per paura limitino drasticamente la loro vita sociale evitando di vedere parenti, figli o genitori, col risultato di dar luogo ad incomprensioni, risentimenti, conflitti relazionali.
L’incremento significativo di comportamenti, azioni e atteggiamenti riconducibili al concetto di stalking è connesso a particolari cambiamenti della società contemporanea. Ci possiamo chiedere come si è giunti – nella maggior parte dei Paesi avanzati – a definire e sanzionare come reato dei comportamenti il cui fastidio un tempo veniva generalmente tollerato e semmai contrastato con altre modalità. Si possano individuare tre passaggi cruciali:
l’effettivo incremento delle condotte persecutorie determinato dalla crisi delle relazioni interpersonali (specialmente affettive e di coppia) che senza dubbio contraddistingue le società post-industriali, in presenza di strumenti tecnologici di uso comune che rendono assai semplice porre in essere contatti diretti a distanza mantenendo l’anonimato; Per quanto riguarda il primo, le analisi sono concordi nel riconoscere nello stalking un vero e proprio problema di carattere intersoggettivo, in cui risulta fondamentale l’esame delle dinamiche di tipo relazionale e comunicativo tra persecutore e vittima, che stanno alla base di tale realtà. A questo proposito può risultare utile una riflessione generale sul carattere dei rapporti interpersonali che si instaurano nella nostra società, contraddistinti dalla temporaneità e dalla provvisorietà delle relazioni intersoggettive. Se i legami duraturi e stabili stanno divenendo un’eccezione – a fronte della regola dei rapporti transitori e poco impegnativi – ne consegue, fra l’altro, un’instabilità sentimentale, che determina frequenti e repentine rotture dei rapporti, potenzialmente pericolose. Infatti, la scelta unilaterale di troncare un legame pone colui che decide di allontanarsi in una situazione di possibile rischio: chi subisce la fine del rapporto prova un senso di smarrimento, che potrebbe tramutarsi in ira e frustrazione e, d’altro canto, l’ex partner è segnato dal sentimento di colpa.

rispetto al passato, la maggior consapevolezza e determinazione delle vittime (che sono soprattutto, anche se non esclusivamente, donne) nel difendere la propria sfera di autonomia personale e sentimentale; Il secondo dei tre passaggi è speculare al primo e concerne l’atteggiamento psicologico delle vittime, in gran parte donne, certamente più reattivo che nel passato. La coscienza della propria dignità e la sicurezza derivante da una maggiore autonomia e peso sociale le portano a non tollerare più approcci indesiderati e a non subire passivamente ritorsioni e costrizioni nei percorsi di separazione. Non a caso molte vicende di stalking trovano origine in contesti di violenza domestica: nel momento in cui la vittima decide, unilateralmente, di portare a termine il rapporto coniugale o comunque di convivenza l’ex partner – il più delle volte un uomo – inizia una serie di atti persecutori duratura ed insistente. Le condotte più ricorrenti comprendono le minacce, gli atti di vandalismo ai danni della proprietà e le aggressioni fisiche, che spesso la vittima ha subito già nel corso della relazione (c.d. stalking “familiare” o “domestico”). In effetti le convivenze familiari o comunque le relazioni caratterizzate da comportamenti violenti implicano un elevato rischio di originare condotte di molestia in caso di separazione.

contestualmente, l’affermazione giuridica e culturale di una piena parità fra i sessi, legata alle conquiste dei movimenti per i diritti civili e l’emancipazione femminile. In questo quadro, il terzo elemento determinante per l’attribuzione della natura di vero e proprio reato alle condotte di stalking è costituito dal pieno riconoscimento sociale, culturale e istituzionale delle aspettative
delle vittime, che si sostanzia nell’intervento legislativo ad hoc. Come osservavo in precedenza, l’evoluzione sul fronte dei diritti civili, della parità fra i sessi ed una maggiore sensibilità in tema della tutela della privacy sono stati fattori di spinta decisivi.

Cosa differenzia lo stalking da un comportamento ‘normale’?

Quando si cerca di stabilire una relazione con qualcuno, la maggior parte delle persone sono in grado, dopo alcune risposte negative, di comprendere che l’altra persona non è interessata. Continuare a insistere ulteriormente può significare dare inizio a una condotta di stalking.
Quando una relazione si interrompe, è normale che la persona abbandonata si senta particolarmente turbata. Spesso, una reazione all’abbandono può essere quella di tentare di ristabilire un contatto con l’altra persona, supplicandola per avere un’altra possibilità di ricostruire il rapporto. La maggior parte delle persone sono in grado di accettare, pur con difficoltà, la fine di una relazione in un tempo relativamente breve. Ricerche empiriche mostrano che un lasso di tempo di circa due settimane può essere considerato un periodo di tempo oltre il quale il protrarsi di tentativi di riavvicinamento, se rifiutati, diventa problematico. Tentativi ulteriori di comunicare con l’ex-partner o di imporre la propria presenza o le proprie attenzioni dopo questo periodo possono configurare una condotta di stalking, se l’altra persona ha specificato chiaramente di non essere interessata.
Lo stalking produce, quale scopo principale o quale effetto secondario, ansia o paura nelle vittime. Questo aspetto lo differenzia dalle normali interazioni sociali. Una caratteristica dello stalking è rappresentata dalla sua durata. Queste condotte possono protrarsi per molto tempo, anche mesi o addirittura anni. Questo ovviamente non rientra in ciò che definiamo normali tentativi di entrare in contatto con una persona.

CHE TIPO DI STALKER TI STA MOLESTANDO?

Una classificazione basata su circa 200 stalker è stata elaborata in Australia.
La ricerca suddivide gli stalker in cinque categorie:

1) Il primo tipo di stalker è un ex-partner respinto. La vittima e lo stalker hanno avuto in passato una relazione sentimentale che si è conclusa. I motivi del comportamento dello stalker sono riconducibili al desidero di riallacciare la relazione o al tentativo di vendicarsi per essere stati respinti. Questo tipo di stalker può essere molto insistente ed intrusivo. Lo stalking rappresenta una modalità di mantenere in vita il rapporto per quegli stalker che sono rimasti invischiati nella relazione, e su cui riversano la propria rabbia. Non sono infrequenti storie di violenza nei confronti del partner durante la relazione che continuano anche dopo la rottura. Una parte di questi stalker e caratterizzata da marcate anomalie caratteriali, dipendenza, tratti narcisistici o paranoici e/o abuso di sostanze. Possono essere presenti anche veri e propri disturbi mentali. Essi hanno bisogno di aiuto nell’accettare la perdita del partner e nel cercare nuovi obiettivi sociali.

2) Il secondo tipo è lo stalker in cerca di intimità che indirizza i suoi sforzi nel tentativo di costruire una relazione con una persona che lo attrae o che egli ritiene sia innamorata di lui. Si tratta di stalker molto insistenti nei loro approcci con la vittima perché pensano che la vittima cederà se ci mettono abbastanza impegno. Il rischio di violenza non è immediato, ma aumenta con il passare del tempo. Spesso questi stalker non hanno avuto precedenti relazioni e sono piuttosto soli. Possono presentare disturbi mentali abbastanza variegati che vanno dalla schizofrenia al disturbo di personalità narcisistico. Il loro trattamento dovrebbe essere focalizzato sul
disturbo mentale che sottende le condotte di stalking. Le sanzioni penali non si rivelano molto efficaci con questo tipo di stalker che può interpretarle come una prova da superare per dimostrare la propria devozione invece di esserne dissuasi.

3) Un altro tipo di stalker è il corteggiatore inadeguato. Il comportamento è finalizzato al desiderio di instaurare una relazione sentimentale. Si tratta di persone incapaci di stabilire una relazione, che sono spesso anche incapaci di accettare un rifiuto. Sovente mettono in atto condotte di stalking nei confronti di più vittime e cercano un nuovo bersaglio ogni qualvolta non hanno successo con quello precedente. Questo tipo di stalker può diventare violento quando la vittima gli oppone resistenza.

4) Lo stalker rancoroso e motivato dal desiderio di vendicarsi e di creare paura e tensione nella vittima. Questi stalker percepiscono se stessi come vittime che devono difendersi contro presunti persecutori ed invariabilmente si sentono giustificati nel proprio comportamento. Talvolta la vittima è vista come un simbolo delle persone che hanno tormentato ed umiliato lo stalker in passato e pertanto spesso viene scelta in maniera casuale. In alcuni casi lo stalker può diventare violento e può presentare alcuni disturbi mentali come un disturbo di personalità paranoide, un disturbo schizofrenico o delirante.

5) Lo stalker predatore è quello che si prepara a un’aggressione sessuale nei confronti della vittima e mette in atto un’ampia gamma di comportamenti. Non fa che pensare ossessivamente alla vittima in termini sessuali, e diventa violento solo a distanza di tempo. Essi mostrano problemi di autostima, nel funzionamento sociale e nelle relazioni sessuali.

Quali sono i pericoli connessi allo stalking?
La vita della vittima di stalking può divenire particolarmente difficile: molte
persone, per timore di ricevere nuove molestie, hanno paura di uscire di casa, non riescono a mantenere il proprio lavoro, non sono in grado di instaurare nuove relazioni e quindi sono incapaci di salvaguardare la propria quotidianità.
La ricerca ha dimostrato che molte vittime, in seguito a tali esperienze, soffrono di ansia, depressione o disturbo post-traumatico da stress.
Esiste anche il pericolo, che la vittima possa subire vere e proprie forme di violenza da parte dello stalker. Questo, in particolare, accade laddove lo stalker sia un ex-partner. Al di là della particolare attenzione che va prestata agli effetti prodotti sulla vittima, occorre anche ricordare quanto possano essere talora ugualmente devastanti le conseguenze per lo stalker, il quale in alcuni casi può soffrire di seri disturbi mentali che richiederebbero un trattamento.

Dati Italia
In Italia, gli unici dati ufficiali disponibili sul fenomeno dello stalking sono quelli che derivano dall’“Indagine Multiscopo sulla sicurezza delle donne” condotta dall’ ISTAT, indagine che ha misurato la violenza (fisica, sessuale e psicologica) e i maltrattamenti contro le donne, dentro e fuori la famiglia.
Le violenze rilevate nell’ ambito di comportamenti di stalking si riferiscono a episodi messi in atto da ex partner al momento della separazione, che avrebbero coinvolto 2 milioni e 77 mila donne, pari al 18,8% del totale. In particolare, è emerso come il 48,8% delle donne vittime di violenza fisica o sessuale ad opera di un ex partner abbia subito anche comportamenti persecutori. La Calabria rappresenta la terza Regioni con il più alto tasso di vittime di stalking, circa il 24% , preceduta dall’Emilia Romagna con il 39% e dalla Toscana il 28%.
A cura della dott.ssa Francesca Filice






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