In cammino per la pace e la fraternità
Cento
anni fa scoppiava in Europa la prima guerra mondiale,
lasciando sul campo più di 10 milioni di morti e 20 milioni di
feriti, mutilati, invalidi. Le centinaia di guerre che sono venute
dopo hanno causato più di duecento milioni di morti, senza contare i
cosiddetti “danni collaterali” (milioni e milioni di donne,
uomini e bambini uccisi o dilaniati dalla fame e dalle malattie
conseguenza delle stesse guerre) e l’immensa quantità di beni e
risorse che sono stati distrutti e sottratti allo sviluppo
dell’intera umanità.
Inutile
strage, avventura senza ritorno, la guerra è un mostro che continua
a uccidere tante
persone in tutto il mondo e minaccia di diffondersi ulteriormente.
Armi micidiali continuano ad essere costruite e accumulate e insieme
alla loro proliferazione incontrollata cresce anche la propensione ad
usarle. Contro questo scenario angosciante abbiamo il dovere di
insorgere!
Dopo
cento anni di orribili massacri e crimini contro l’umanità è
venuto il tempo di riconoscere che la pace è un diritto umano
fondamentale della persona e dei popoli, pre-condizione
necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti umani.
Un diritto che deve essere effettivamente riconosciuto,
applicato e tutelato a tutti i livelli, dalle nostre città all’Onu.
A
cento anni da quella terribile tragedia la pace è ancora in
pericolo.Troppe
persone precipitano nella povertà e nella disperazione. Succede ogni
giorno in Italia, in Europa e in tante parti del mondo. Troppe
ingiustizie si sommano a troppe disuguaglianze. Troppi problemi
attendono inutilmente di essere risolti. Troppa violenza dilaga senza
limiti né confini. Troppi soldi continuano a riempire il mondo di
armi. Troppe armi alimentano nuove guerre. Troppi egoismi, interessi
e complicità impediscono che le cose cambino. Intanto la crisi
globale fa strazio di vite umane alimentando paure, angosce, sfiducia
e chiusura.
Non
c’è pace senza diritti umani. Lo
sa bene chi non riesce a trovare lavoro, chi non ha cibo e acqua a
sufficienza, chi non può curarsi come dovrebbe. Il mancato rispetto
dei diritti umani fondamentali crea tensioni, conflitti,
disuguaglianze e insicurezza. E finisce per togliere la pace anche a
chi pensava di averla.
Per
uscire da questa crisi dobbiamo riscoprire il valore della
fraternità che
deve improntare tutti gli aspetti della vita, compresa
l’economia, la finanza, la società civile, la politica, la
ricerca, lo sviluppo, le istituzioni pubbliche e culturali. La
globalizzazione della fraternità deve prendere il posto della
globalizzazione dell’indifferenza. La
pace è un bene comune indivisibile. O
c’è per tutti o non c’è per nessuno. Non ci sono più i “fatti
nostri” e quelli “degli altri”. Contribuire alla costruzione di
un futuro migliore per tutti e alla soluzione delle grandi sfide
comuni che incombono è un nostro dovere e un nostro interesse. Ma
noi cosa possiamo fare?
Serve
più responsabilità personale. La
crisi della politica e delle istituzioni ci lascia sempre più soli
davanti a problemi sempre più gravi e complessi. Se davvero vogliamo
la pace dobbiamo essere disponibili a fare la nostra parte. Partire
da noi, da quello che possiamo fare in prima persona, nell’ambito
delle nostre possibilità, ci consente di esigere con ancora più
forza e autorevolezza il cambiamento che si fa sempre più urgente.
La
pace comincia dalle nostre città-mondo. Il
nostro impegno per la pace deve crescere innanzitutto nei luoghi dove
viviamo tutti i giorni, nelle scuole, nei posti di lavoro e nelle
nostre città. Deve essere concreto, aperto e costruttivo. E’ qui,
nelle città-mondo, dove comincia il rispetto dei diritti umani e la
nostra responsabilità di costruttori della pace. E’ qui che
dobbiamo agire per rinsaldare l’agenda interna con quella
internazionale. Ciascuna delle nostre città deve diventare un
laboratorio di quel cambiamento che invochiamo per il mondo intero.
Costruiamo insieme le città della pace e dei diritti umani.
Se
vogliamo la pace dobbiamo educarci alla pace. La
cultura che respiriamo è ancora oggi una cultura di guerra, intrisa
di individualismo, egoismo e indifferenza. Per questo, prima di
tutto, dobbiamo educarci ed educare alla giustizia e alla pace, alla
nonviolenza e ai diritti umani. Tutti si devono sentire
corresponsabili di questo sforzo. Abbiamo bisogno di diffondere e
consolidare un’altra cultura, un’altra scala di valori, un’altra
idea della pace lontana da ogni atteggiamento di rinuncia,
accomodamento e utilitarismo.Abbiamo
bisogno di un’informazione e una comunicazione pubblica di pace,
libera da lacci economici e politici, attenta alla vita reale delle
persone e dei popoli, dell’Europa e del mondo. Investire sui
giovani e sulla loro formazione, consentirgli di essere parte
attiva della comunità “glocale” e del cambiamento epocale che
stiamo vivendo, non è solo un’opportunità per tutti ma un
dovere primario.
Non
c’è pace senza una politica di pace. E
una politica di pace è tale se è tutti i diritti umani per tutti.
Molti problemi sono fuori dalla nostra portata. Ma quello che non
possiamo fare in prima persona lo può e lo deve fare il nostro
paese, l’Italia e l’Europa. L’Italia e l’Europa devono essere
pienamente consapevoli delle sfide che ci investono a partire dal
Mediterraneo e dal vicino Oriente e devono alimentare una politica di
pace e fratellanza, di disarmo e cooperazione fondata sulla
promozione dei diritti umani. Una politica coerente con il progetto
iscritto nella nostra Costituzione e nelle carte fondamentali
dell’Europa e delle Nazioni Unite. L’assenza di questa politica,
il ripiegamento dell’Italia e dell’Europa ci stanno esponendo a
seri pericoli e ci stanno facendo perdere grandi opportunità. Ma noi
non ce lo possiamo permettere. Una fase della nostra storia deve
essere chiusa per cominciarne un’altra. Costruirla dal basso è un
dovere che ci dobbiamo e vogliamo assumere.
Comitato
Promotore Marcia Perugia-Assisi
via
della viola 1 (06122) Perugia, Tel. 335.6590356 - 075/5736890 - fax
075/5739337 email: adesioni@perlapace.it - www.perlapace.it
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