E proseguendo il nostro discorso sulla pace, parliamo di premio Nobel che quest'anno premia una coppia di attivisti per la loro lotta a favore dei bambini e del loro diritto all’istruzione: una pachistana e un indiano, una musulmana e un hindu
Il
Premio
Nobel per la Pace 2014 è stato assegnato a Malala Yousafzai, la
giovanissima pakistana vittima di un attentato talebano nel 2009, a
12 anni, perché difendeva il diritto delle bambine allo studio e
all’indiano Kailash Satyarthi, 60
anni, attivista dei diritti dei bambini. Lo ha annunciato
Thorbjoern Jagland, il presidente del Comitato del Nobel norvegese al
Nobel Institute di Oslo.
“I
bambini – riporta il comunicato che accompagna il Premio – devono
poter andare a scuola e non essere sfruttati per denaro. Nei Paesi
più poveri del mondo, il 60 per cento della popolazione ha meno di
25 anni; ed è un prerequisito per lo sviluppo pacifico del mondo che
i diritti dei bambini e dei giovani vengano rispettati. Nelle aree
devastate dalla guerra, in particolare gli abusi sui bambini portano
al perpetuarsi della violenza generazione dopo generazione”.
L’Accademia
norvegese ha deciso così di premiare una coppia di attivisti per la
loro lotta a favore dei bambini e del loro diritto all’istruzione,
dando anche un messaggio di distensione tra due Paesi –
India
e Pakistan – in guerra dal 1947, in conflitto oggi per il controllo
della regione di confine del Kashmir: “Crediamo che sia un punto
importante per un hindu e una musulmana, un indiano e una pachistana,
unirsi in una lotta comune per l’educazione e contro l’estremismo”.
Malala
Yousafzay è
la persona più giovane ad avere vinto il premio nella storia di
tutte le categorie del premio. “Nonostante la sua giovane età –
ha scritto il Comitato – già da anni combatte per i diritti delle
bambine all’educazione e ha dimostrato con l’esempio che anche
bambini e giovani possono contribuire a migliorare la situazione. E
lo ha fatto nelle circostanze più pericolose: attraverso la sua
battaglia eroica, è diventata una voce guida per i diritti dei
bambini all’educazione”. Malala è originaria di Mingora, nella
valle dello Swat, nella provincia della Frontiera del Nord-Ovest in
Pakistan. La regione tra il 2007 e il 2009 è finita sotto il
controllo dai taliban, che hanno chiuso le scuole e imposto la legge
islamica. Nel 2009, la ragazzina, all’età di 11 anni, ha
cominciato a scrivere un blog sotto lo pseudonimo Gul Makai sul sito
della Bbc raccontando l’esperienza sua e degli altri bambini sotto
il dominio talebano. Un editto emanato dal leader locale della fine
del 2008 ordinava la cessazione di tutta l’istruzione femminile
entro un mese: se il divieto non fosse stato rispettato, le scuole
avrebbero subìto gravi conseguenze. Il 9 ottobre del 2012 fu colpita
da vari proiettili alla testa e al collo mentre tornava da scuola. A
volerla uccidere erano i talebani pachistani. Ma Malala è
sopravvissuta grazie alle cure ricevute al Combined military hospital
di Peshawar prima, e al Queen Elizabeth hospital di Birmingham, da
cui uscì 3 mesi dopo, sulle sue gambe. A 9 mesi dalla sparatoria, il
12 luglio del 2013, in occasione del suo sedicesimo compleanno, ha
pronunciato un discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite
in cui ha chiesto ai governi di tutto il mondo di impegnarsi nella
difesa dei diritti delle donne e dei bambini. I 10 talebani
sospettati di averla ferita sono stati arrestati il mese scorso.
Mentre a Oslo le assegnavano il premio, Malala Yousafzay era “a
scuola, come sempre” a Birmingham, città dove risiede dal giorno
del ricovero.
Kailash
Satyarthi è
nato 60 anni fa a Vidisha, città del Madhya Pradesh, stato
dell’India centrale. È un attivista dei diritti umani, impegnato
dagli anni ’90 nella lotta contro il lavoro minorile e lo
sfruttamento con la sua organizzazione ‘Bachpan Bachao Andolan’:
la sua azione ha permesso di liberare almeno 80 mila bambini dalla
schiavitù, favorendone la reintegrazione sociale. Il Comitato
del Nobel ha dato atto all’indiano di aver dimostrato “grande
coraggio personale, mantenendo la tradizione di Gandhi, guidando
varie forme di protesta e dimostrazione, tutte pacifiche, contro il
grave sfruttamento dei bambini a scopi di finanziari, contribuendo
anche allo sviluppo di importanti convenzioni internazionali sui
diritti dei bambini”. Negli oltre 25 anni di attività a difesa dei
diritti dei minori, ha partecipato a numerose campagne internazionali
come la Marcia globale contro il lavoro minorile, attirando su di sé
l’attenzione dei media di tutto il mondo. Come presidente della
Marcia, nel maggio 2004 prese la parola in un convegno organizzato da
Cgil, Cisl, Uil e Mani Tese in cui dichiarò: “Basterebbero tre
giorni di spesa militare mondiale, pari a 11 miliardi di dollari, per
far sparire la piaga del lavoro minorile attraverso l’istruzione
data ai 246 milioni di bambini lavoratori”. Nel dicembre 2011 la
sua organizzazione pubblicò uno studio in cui rivelò che in India
scompaiono 11 bambini ogni ora perché vittime del vasto traffico di
esseri umani esistente nel Paese. Ha dedicato il Nobel ai bambini che
vivono in schiavitù: “È un onore per tutti quei bambini che
soffrono in schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici”.
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