domenica 27 ottobre 2013

LMM: LAST MINUTE MARKET


Last minute market: il Km zero dello spreco

Nella cultura contadina, era pratica comune non racimolare tutto il raccolto ma lasciarne una minima porzione a terra per i contadini, i passanti e i bisognosi. Fino a qualche anno fa lo scarto era considerato rifiuto, un rifiuto non accettabile. Anche solo il termine aveva spesso il ruolo di echeggiare mondi di esclusione e di rifiuto: “lo scarto della società”, “essere scartati da qualcuno”.
La parola “scarto” dunque è andata a occupare territori che hanno a che fare con la dignità personale, con la scala sociale fino a diventare un tabù. Nell'era del consumismo più sfrenato ecco che lo scarto è qualcosa che si attacca anche alle cose ancora funzionali, idonee a svolgere il proprio ruolo, ma il consumo senza limiti, l'inseguire “il trendy” come l'unica icona o valore sociale ci ha trascinato a rincorrere il più nuovo, più bello, più buono, più bianco, più colorato e lo scarto ha perso ogni attrattiva diventando prima “rifiuto” e poi sempre più “spreco”.
Ogni giorno in Italia vengono gettate in discarica 4000 tonnellate di alimenti ancora perfettamente commestibili e così pasta e pane per il 15%, carne per il 18% e il 12% di frutta e verdura. In pratica in un anno vengono sprecati alimenti per 1,5 milioni di tonnellate. I luoghi dove tutto ciò accade in modo evidente sono i negozi alimentari della grande distribuzione. Per capire meglio è sufficiente fare la spesa in un normale tardo pomeriggio e osservare come gli scaffali della panetteria, dei latticini, della carne, del pesce, delle verdure sono ancora. Prodotti che il giorno dopo non posso essere negli scaffali perché il consumo a tutti i costi ci impone che il pane sia sempre fresco, la carne appena tagliata e lo yogurt con scadenza non ravvicinata.
Dove va a finire tutto quello scarto che appena esce dal supermercato diventa subito spreco? Verso le discariche. Ma perché non recuperarlo, perché non regalare cibo in scadenza o non “esteticamente bello” - come per esempio lo scatolame di legumi imperfetto - a persone, associazioni, enti che possono trasformare “lo spreco” in risorsa? C’è qualcuno però che ha pensato: parliamo di un gruppo di ricercatori della Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna che, guidati dal Prof. Andrea Segré, ha iniziato a studiare la possibilità di gestire in modo diverso il processo di distribuzione del cibo e a pensare che il ciclo di vita di un prodotto non debba per forza fermarsi alla fine del primo stadio di consumo, ma possa essere prolungato. Da questa intuizione è nato il Last Minute Market, un’idea diventata ormai una start-up con iniziative attive in tutta Italia.
Dice il prof. Segré: “Last significa ultimo, ma con un doppio senso: l’ultimo minuto perché dobbiamo fare in fretta, i prodotti scadono, sono danneggiati, li dobbiamo consumare presto, ma ultimo anche perché i beneficiari sono gli ultimi della società.” Il meccanismo virtuoso studiato dal Last Minute Market mette in collegamento l’impresa che vuole donare il prodotto con le Associazioni no profit che lo possono ricevere per fornire pasti a persone in condizioni di disagio economico o sociale. I primi ci guadagnano perché non devono sobbarcarsi i costi di trasporto e smaltimento, i secondi perché non devono acquistare la materia prima pur potendo assicurare alimenti validi e buoni.
E’ una soluzione win win in cui entrambi gli attori in campo vincono. E non solo loro. Se pensiamo che ogni tonnellata di rifiuti alimentari genera 4,2 tonnellate di CO2 è facile capire come il prolungamento della filiera produttiva equivale anche a un grosso sconto sui costi dell’ambiente e sui costi della collettività. Il progetto quindi si è ancorato al decreto Ronchi che trasforma la tassa sui rifiuti in tariffa di igiene ambientale, facendo pagare non in base alla superficie degli esercizi ma in base alle quantità smaltite, e così è stato possibile applicare degli sconti a quei dettaglianti che recuperavano il cibo invece di gettarlo.
Per lottare contro lo spreco – prosegue Andrea Segré – bisogna promuovere un’azione di sviluppo auto-sostenibile a livello locale che sfrutta la prossimità riducendo lo spazio e il tempo in modo che siano evidenti i benefici diretti e indiretti di quest’azione e le sue ricadute positive ”. In pratica si raccoglie e si consuma sempre in una zona ristretta di territorio ed entro un raggio di pochi chilometri in modo da non avere costi di conservazione e di trasporto, abbattendo l’impatto che questi hanno sull’ambiente. L’obiettivo del Last Minute Market è culturale. Portare agli occhi della gente lo scarto, quantificare lo spreco, valorizzarlo in termini di costi significa spesso creare le condizioni per diminuirlo.
Come dice Andrea Segrè, però, questo non basta. “Dobbiamo agire a monte prima dello spreco”. Esiste infatti un concetto di sufficienza che nel tempo la società ha perso per strada a favore del concetto di accumulo: lì in quel luogo dove “più non è uguale a meglio” sta un nuovo modello eco-nomico ed eco-logico che riduce la propensione al consumo senza modificare il livello di benessere.
a cura di Gabriella Dragani 









Nessun commento:

Posta un commento