mercoledì 23 aprile 2014

Ancora sul tema della cittadinanza attiva. Capitale sociale e cittadinanza attiva.

La partecipazione civica  ha il suo nucleo di attivismo all'interno delle formazioni locali e nelle costruzioni identitarie. Il nostro percorso sulla cittadinanza attiva in questo post vuole quindi analizzare il concetto di comunità e relativo capitale sociale. 


Con il termine "comunità" si intende far riferimento alla centralità del bene comune e a condizioni che permettono l'agire sociale (individuale e collettivo) sostenuto da un forte sentimento di appartenenza e volto proprio alla ricerca del bene comune; un interesse generale e un bene comune che non sono originari e predefiniti una volta per tutte, ma frutto di una costruzione sempre in fieri, alla quale si perviene attraverso l'interazione dei membri della comunità, attraverso la loro attiva partecipazione con forme e modalità sempre nuove: basti pensare alla vitalità dell'associazionismo sia nazionale che locale e a strumenti di interazione/discussione quali i forum. Riemerge allora forte un bisogno di comunità che con frequenza trova una prima forma di risposta personale e collettiva nel Terzo Settore, rispetto ad un desiderio e ad un progetto di interesse generale, ossia di "bene comune". In questo ambito dunque cresce e si consolida il cosiddetto “capitale sociale”, concetto che si concretizza nella schiera dei volontari che agiscono in modo collettivo e comune a favore del proprio “prossimo”, sia esso di prossimità spaziale che di giustizia sociale. E dunque appare necessario porsi il seguente interrogativo considerando la correlazione tra capitale sociale e cittadinanza attiva, come si connota, in proiezione futura, la partecipazione degli individui nelle dinamiche del “meccanismo” sociale? Tutti sono concordi nel ritenere che si partecipa meno, che non si insegna più a partecipare, tanto che si è coniugato il termine "partecipazione attiva". Così se anni fa, parlando di partecipazione, si sarebbero usati (quasi come sinonimi) altri tre vocaboli - appartenenza, militanza e rappresentanza - oggi il senso di queste parole va senz'altro ridefinito. Appartenenza oggi significa più una ricerca di luoghi di espressione di sé, che non invece l'indossare una "casacca" definitiva. Militanza: oggi è legata al cogliere opportunità, anche legate ai grandi movimenti ed alle grandi adunanze massmediatiche, che poi però producono poco sul territorio in termini di ricaduta di impegno concreto. Rappresentanza: non sono certo le tradizionali forme di rappresentanza ad avere oggi il favore degli individui e soprattutto dei giovani, a partire da sindacati e partiti. In particolare questi ultimi sono messi agli ultimi posti anche dagli Assessori alle politiche sociali e giovanili quando devono ricercare soggetti del territorio con cui co-progettare.
Vale la pena di intendersi meglio sul concetto di partecipazione. Infatti questo ha una doppia dimensione: quella del "prendere parte" e quella del "sentirsi parte", come se ci fosse un modo razionale legato al campo del diritto-fondamento, unito però ad uno più emotivo del "sentirsi dentro" a processi, alla comunità, a varie forme di appartenenze per la ricerca di un "bene comune". Questo "sentire comune" fonda e mantiene vivi i legami, le passioni, il piacere di incontrare le persone (che quindi non è solo un diritto/dovere) e forma quello che viene chiamato koinè, termine greco che significa appunto "senso di comunità condiviso". Il "sentirsi dentro" a questi processi di partecipazione passa per la costruzione di uno spazio in cui ci si sente inclusi e proiettati verso un cambiamento “possibile, democratico e equo” in una dimensione che è anche di presente lo svago e il piacere perché in questi contesti possono emergere potenzialità, idee e risorse di chi vi partecipa. Pensare a questi percorsi di partecipazione come a catalizzatori necessari alla produzione di capitale sociale (livelli di fiducia) è certo un nuovo modo di intenderne la mission ed il ruolo, ma soprattutto rappresenta un nuovo modello di partecipazione civica e politica – assumendo quest'ultimo come l'agire per il governo comune – ovvero percorsi di riconoscimento per i piccoli (ma importanti) "beni pubblici" collegati al territorio ma anche ai "beni relazionali", riconosciuti e riconoscibili dalla comunità, in grado di creare maggior coesione sociale in cui le soggettività coinvolte si riconoscono. Ma dove iniziare a costruire la partecipazione e il protagonismo civico? Perchè si elaborino percorsi di partecipazione attiva – sconfiggendo quello che in termini generalistici e massificatori viene definita “ antipolitica” - ed abbia un vero senso, è indispensabile che si inizi da giovani a partecipare e ad esercitare influenza sulle decisioni, sui progetti e sulle attività che li riguardano, e non in ulteriori stadi della loro vita. Ora e subito, in un coinvolgimento di carattere progressivo in cui la partecipazione produce capitale sociale: elemento centrale con cui costruire reti, relazioni, processi di comunità, alleanze territoriali sul senso del fare alcune cose, di fronte a città sempre più frammentate, in cui si lavora "per e con" i giovani, ma favorendone anche un incontro con il mondo adulto, costruendo così koinè. Come? Attivando esperienze e percorsi che promuovano il protagonismo sociale delle persone, contrastando il rischio che in futuro le città siano abitati da in-dividui, ovvero da soggetti che "non dividono" il loro spazio sociale con altri. Atomi sul territorio, tra loro slegati, senza un'idea di società in testa perché non la vivono come società - ovvero comunità anima e pensiero- e non l'hanno sperimentata da giovani. Come può allora la città diventare, da spazio fisico (da non-luogo), laboratorio sociale e culturale dove le persone possono trovare stimoli e strumenti per inventare nuovi mondi possibili? Andando ad intercettare quella domanda di impegno e di voglia di sperimentare, creando opportunità per produrre e poi proporre ad altri, per coinvolgere sempre più soggetti, comunicando orizzontalmente tra le persone anche con l'aiuto delle tecnologie digitali, entrando rapidamente in connessione, muovendosi con rapidità. Ogni gruppo sociale infatti che si attiva, diventa un organismo che conta e con la città deve fare i conti, produce, ha potere per produrre cambiamento. Un capitale sociale in crescita che ha la forza contrattuale di intervenire nelle decisioni di cui siano i destinatari influenzandole ed impegnandosi in attività ed iniziative che possano contribuire alla costruzione di una società migliore, dando così alla partecipazione un vero senso.

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