venerdì 4 aprile 2014

Atti persecutori o Stalking ex art. 612 bis c.p.

Riceviamo e pubblichiamo volentieri un articolo della nostra amica e collaboratrice, Avv Elvira Dodaro, sul tema dello stalking focalizzato in ambito giuridico. 



Il Parlamento Italiano ha convertito in legge n. 38 del 23 aprile 2009 il cosiddetto “decreto antistupri” emanato dal Governo, ovverosia il D. L. 23 febbraio 2009 n. 11. In tal modo ( sia pur con ritardo rispetto a Paesi Europei quali la Germania o la Gran Bretagna) è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico una “nuova” fattispecie delittuosa, allo scopo di contrastare talune condotte persecutorie poste in essere soprattutto da uomini nei confronti delle donne. Trattasi del reato di “atti persecutori” altrimenti detto di “stalking” p.e p. dall'art. 612 bis c.p. Con questo termine derivante dal linguaggio tecnico-gergale della caccia e che significa letteralmente “fare la posta ad una preda”, si allude ad un complesso fenomeno relazionale qualificabile come “sindrome del molestatore assillante”. Questi, infatti, è sovente un soggetto dal temperamento “Bordeline” e cioè dall'equilibrio psichico alterato. Significativamente l'On. Giulia Buongiorno ( relatrice del disegno di legge trasfuso nel provvedimento governativo) spiega come le violenze e gli omicidi con movente sessuale o passionale a carico di donne, siano frequentemente “annunciati” da una serie di atti insistenti, molesti e/o minacciosi che causano alla vittima paura nonché ansia: appostamenti, pedinamenti, telefonate, sms e quanto idoneo a “braccare” la vittima designata. Nessun dubbio, pertanto, che la normativa sui reati persecutori nasca in una prospettiva ben precisa e cioè quella secondo cui il soggetto da tutelare è solitamente di sesso femminile. Nondimeno, osserva il Magistrato di Cassazione, Francesco Bartolini, la nuova fattispecie può trovare un ambito di applicazione più vasto e generalizzato. Difatti il legislatore, pur rispettando il principio di tassatività della norma penale, nel descrivere la condotta illecita ha utilizzato espressioni sufficientemente ampie al fine di ricomprendere la multiformità dei casi che si possono verificare nella realtà. Come sottacere, infatti, che anche le donne operano “stalking” per motivi passionali nei confronti degli uomini? D'altronde, sottolinea il Magistrato Raffaele Marino, gravi condotte persecutorie possono inerire ai rapporti di vicinato o a quelli tra genitori e figli. Queste azioni disturbatrici, tuttavia, non trovavano nel nostro sistema penale idonei strumenti di contrasto. In effetti l'art. 660 c.p. Nel punire atti di molestie o 
disturbo arrecati alle persone, richiede alcuni anacronistici requisiti quali la “petulanza” oppure il “biasimevole motivo” nonché la “commissione in luogo pubblico” o “aperto al pubblico” Ai fenomeni persecutori in oggetto, peraltro, non è applicabile nemmeno l'art. 615 bis c.p. Che riguarda l'indebita acquisizione o divulgazione di notizie sulla vita privata, ma non certo le molestie o il disturbo arrecati ad un soggetto indipendentemente da tali interferenze. Da qui la necessità di colmare un “vuoto normativo” non più sostenibile. Alla luce di quanto precede, possiamo cogliere appieno la portata innovativa dell'art. 612 bis c.p. Che punisce chiunque perpetri minacce e o molestie nei confronti di taluno “reiteratamente”, cioè non in una sola occasione bensì in un apprezzabile arco temporale. Parliamo, evidentemente, di una pluralità di azioni dal contenuto intimidatorio che si susseguono nel tempo e che costituiscono l'elemento materiale del reato. Sebbene adesso si attribuisca in genere natura “abituale”, tuttavia non mancano pareri difformi. Valga a mo' di esempio quanto scritto da Raffaele Marino (attuale Procuratore Aggiunto di Torre Annunziata) il quale sottolinea come il concetto di “reiterazione” differisca da quello più ampio di “abitualità”. Al riguardo, invero, non dovrebbe sussistere dubbio alcuno poiché lo stesso legislatore considera lo “stalking” un “reato abitule proprio”, così come si evince chiaramente dal resoconto sommario della seduta 10/12/2008della Commissione Affari Costituzionali . Comunque sia, ai fini del perfezionamento del delitto in parola, è necessario che questi comportamenti reiterati:
  1. pregiudichino in maniera rilevante il modus vivendi della persona offesa, costringendola a modificare significative e gratificanti abitudini di vita;
  2. oppure generano  nella stessa un giustificato timore per l'incolumità propria o di una persona vicina;
  3. oppure cagionino alla vittima un grave e perdurante disagio psichico, ossia un'alterazione del normale equilibrio psico-fisico che può persino trasmodare in una patologia clinica.
Riguardo all'elemento soggettivo del reato ( di certo indispensabile per l'integrazione dell'illecito) alcuni giuristi ritengono che la condotta dell'agente sia caratterizzata dal “dolo generico”, mentre secondo altri viene in rilievo il “dolo specifico” giacchè il persecutore, è ben consapevole di tenere comportamenti produttivi, in volgere di tempo, degli accadimenti dannosi di cui sopra. Stante la clausola “Salvo che il fatto costituisca più grave reato...” con cui esordisce l'art. 612 bis c.p. È innegabile come la disposizione in esame abbia carattere residuale: essa non troverà applicazione allorquando nei fatti accaduti sia ravvisabile un illecito più grave. Per ciò che concerne il bene giuridico tutelato dalla norma, esso va certamente individuato nella “libertà morale” intesa quale attitudine dell'individuo ad autodeterminarsi. Tuttavia, secondo l'Avv. Luigi Modaffari, il reato de quo è “pluri-offensivo” poiché le succitate condotte persecutorie possono ledere il bene costituzionalmente protetto della salute, qualora esse cagionino alla vittima lo stato di ansia e di paura previsto dalla norma codicistica. Lo “stalker” ( agli effetti dell'art. 612 bis c.p.) è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, salva l'applicazione di circostanze aggravanti. Basti pensare che quando il fatto venga commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato nonché da persona un tempo legata sentimentalmente alla vittima, la pena aumenta fino ad un terzo ( aggravante ad efficacia comune). Se invece, la condotta è tenuta ai danni di minore o di donna in stato di gravidanza ovvero di persona disabile oppure da individuo travisato o con l'uso di armi, la pena è aumentata fino alla metà ( aggravente ad effetto speciale). Qualora, infine, lo “stalking” venga effettuato da soggetto già ammonito dal Questore ( ai sensi dell'art. 8, comma 3, d.l. n. 11/09) si applica un aggravamento di pena pari ad almeno un terzo ( aggravante ed efficacia comune). Poichè l'illecito de quo incide direttamente sulla sfera privata della vittima, è giocoforza che esso sia procedibile a querela della persona offesa. Il termine utile per la proposizione del lamento penale, è fissato in sei mesi in luogo dei tre richiesti ex art. 124 c.p.. Si procede, tuttavia, d'ufficio allorchè:
a) il reato venga posto in essere nei confronti di minore o disabile;
b) la condotta sia tenuta con altro delitto per il quale si debba procedere d'ufficio;
c) il fatto sia commesso da soggetto precedentemente ammonito dal Questore.
Oltre a disposizioni di questo tipo la nuova legge, con lo scopo di indurre il molestatore a desistere dal proprio comportamento, prevede uno strumento di natura amministrativa che può intervenire “ante causam” e cioè prima di un procedimento penale. Significativamente l'art. 8 stabilisce come la persona offesa, fino a quando non sporga formale querela, possa avanzare all'Autorità di Pubblica Sicurezza richiesta di ammonimento nei confronti dello “stalker”. Prontamente trasmessa l'istanza al Questore lo stesso ( qualora la ritenga fondata dopo aver assunto eventuali informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti) ammonisce oralmente il persecutore, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge. Di ciò viene redatto processo verbale in duplice copia: l'una è rilasciata a colui che ha chiesto l'ammonimento e l'altra all'ammonito. Se questi persevera nel suo intento nonostante la diffida formale, si procede ex officio contro di lui ed in caso di condanna, dicevamo, la pena aumenta di almeno un terzo. Ulteriore novità è costituita dall'introduzione di una misura cautelare di tipo coercitivo, che si sostanzia nel divieto di avvicinamento dell'imputato o indagato ai luoghi frequentati dalla persona offesa oppure nell'obbligo di mantenere da essa una certa distanza ( art. 9 d.l. n. 11/09). E però nell'ipotesi in cui esistano motivate esigenze di tutela, siffatto divieto può essere esteso ai luoghi frequentati dai prossimi congiunti della vittima ovvero dai soggetti con essa conviventi o comunque legati alla stessa relazione effettiva. Tuttavia, se l'avvicinamento è inevitabile per ragioni lavorative o abitative, l'Autorità Giudiziaria detta prescrizioni ad hoc. Naturaliter affinché possa applicarsi questa misura coercitiva, è necessaria la ricorrenza dei presupposti ex artt. 273 e ss. cp.p. devono sussistere gravi indizi di colpevolezza, comprovate esigenze cautelari e la misura adottata deve risultare idonea alla tutela delle stesse. Occorre altresì, rammentare che l'art. 380 c.p.p. ( siccome novellato dalla recente legge) consente l'arresto facoltativo dello “stalker” in flagranza di reato. Meritano, inoltre, adeguata attenzioni talune modifiche apportate all'art. 392 c.p.p. In materia di incidente probatorio. L'ambito operativo di esso, infatti, viene esteso dalla nuova legislazione sia al reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli ( art. 572 c.p.) che a quello di “atti persecutori”.
Ma v'è di più. Sebbene il Pubblico Ministero e l'indagato siano rimasti i soli legittimati a proporre richiesta di incidente probatorio, tuttavia alla persona offesa si riconosce un “diritto di impulso” ossia quello di chiedere al PM di avanzare la suddetta richiesta al GIP: E' da notare, ancora, come il soggetto sottoponibile ad incidente probatorio non sia più soltanto il minore infrasedicenne, bensì genericamente il minore ovvero il maggiorenne che rivesta la qualifica di persona offesa. Il legislatore, infine, ha modificato l'art. 498 c.p.p. Riguardante l'esame protetto del testimone in fase dibattimentale. Ne viene estesa l'applicazione al processo per atti persecutori e potrà usufruire di questa protezione non solo il minore ma anche il maggiorenne che sia al contempo vittima del reato ed infermo di mente. Quale, dunque, il messaggio sotteso alla normativa sui reati persecutori? Certamente quello che nei mesi scorsi è stato diffuso dalle maggiori testate giornalistiche nazionali, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministero per le Pari Opportunità: Stalking quando le attenzioni diventano persecuzione, querela chi ti perseguita e riprenditi la tua libertà.
Avv. Elvira Dodaro




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