Riceviamo e pubblichiamo volentieri un articolo della nostra amica e collaboratrice, Avv Elvira Dodaro, sul tema dello stalking focalizzato in ambito giuridico.
Il Parlamento Italiano ha
convertito in legge n. 38 del 23 aprile 2009 il cosiddetto “decreto
antistupri” emanato dal Governo, ovverosia il D. L. 23 febbraio
2009 n. 11. In tal modo ( sia pur con ritardo rispetto a Paesi
Europei quali la Germania o la Gran Bretagna) è stata introdotta nel
nostro ordinamento giuridico una “nuova” fattispecie delittuosa,
allo scopo di contrastare talune condotte persecutorie poste in
essere soprattutto da uomini nei confronti delle donne. Trattasi del
reato di “atti persecutori” altrimenti detto di “stalking”
p.e p. dall'art. 612 bis c.p. Con questo termine derivante dal
linguaggio tecnico-gergale della caccia e che significa letteralmente
“fare la posta ad una preda”, si allude ad un complesso fenomeno
relazionale qualificabile come “sindrome del molestatore
assillante”. Questi, infatti, è sovente un soggetto dal
temperamento “Bordeline” e cioè dall'equilibrio psichico
alterato. Significativamente l'On. Giulia Buongiorno ( relatrice del
disegno di legge trasfuso nel provvedimento governativo) spiega come
le violenze e gli omicidi con movente sessuale o passionale a carico
di donne, siano frequentemente “annunciati” da una serie di atti
insistenti, molesti e/o minacciosi che causano alla vittima paura
nonché ansia: appostamenti, pedinamenti, telefonate, sms e quanto
idoneo a “braccare” la vittima designata. Nessun dubbio,
pertanto, che la normativa sui reati persecutori nasca in una
prospettiva ben precisa e cioè quella secondo cui il soggetto da
tutelare è solitamente di sesso femminile. Nondimeno, osserva il
Magistrato di Cassazione, Francesco Bartolini, la nuova fattispecie
può trovare un ambito di applicazione più vasto e generalizzato.
Difatti il legislatore, pur rispettando il principio di tassatività
della norma penale, nel descrivere la condotta illecita ha utilizzato
espressioni sufficientemente ampie al fine di ricomprendere la
multiformità dei casi che si possono verificare nella realtà. Come
sottacere, infatti, che anche le donne operano “stalking” per
motivi passionali nei confronti degli uomini? D'altronde, sottolinea
il Magistrato Raffaele Marino, gravi condotte persecutorie possono
inerire ai rapporti di vicinato o a quelli tra genitori e figli.
Queste azioni disturbatrici, tuttavia, non trovavano nel nostro
sistema penale idonei strumenti di contrasto. In effetti l'art. 660
c.p. Nel punire atti di molestie o
disturbo arrecati alle persone,
richiede alcuni anacronistici requisiti quali la “petulanza”
oppure il “biasimevole motivo” nonché la “commissione in luogo
pubblico” o “aperto al pubblico” Ai fenomeni persecutori in
oggetto, peraltro, non è applicabile nemmeno l'art. 615 bis c.p. Che
riguarda l'indebita acquisizione o divulgazione di notizie sulla vita
privata, ma non certo le molestie o il disturbo arrecati ad un
soggetto indipendentemente da tali interferenze. Da qui la necessità
di colmare un “vuoto normativo” non più sostenibile. Alla luce
di quanto precede, possiamo cogliere appieno la portata innovativa
dell'art. 612 bis c.p. Che punisce chiunque perpetri minacce e o
molestie nei confronti di taluno “reiteratamente”, cioè non in
una sola occasione bensì in un apprezzabile arco temporale.
Parliamo, evidentemente, di una pluralità di azioni dal contenuto
intimidatorio che si susseguono nel tempo e che costituiscono
l'elemento materiale del reato. Sebbene adesso si attribuisca in
genere natura “abituale”, tuttavia non mancano pareri difformi.
Valga a mo' di esempio quanto scritto da Raffaele Marino (attuale
Procuratore Aggiunto di Torre Annunziata) il quale sottolinea come il
concetto di “reiterazione” differisca da quello più ampio di
“abitualità”. Al riguardo, invero, non dovrebbe sussistere
dubbio alcuno poiché lo stesso legislatore considera lo “stalking”
un “reato abitule proprio”, così come si evince chiaramente dal
resoconto sommario della seduta 10/12/2008della Commissione Affari
Costituzionali . Comunque sia, ai fini del perfezionamento del
delitto in parola, è necessario che questi comportamenti reiterati:
- pregiudichino in maniera rilevante il modus vivendi della persona offesa, costringendola a modificare significative e gratificanti abitudini di vita;
- oppure generano nella stessa un giustificato timore per l'incolumità propria o di una persona vicina;
- oppure cagionino alla vittima un grave e perdurante disagio psichico, ossia un'alterazione del normale equilibrio psico-fisico che può persino trasmodare in una patologia clinica.
Riguardo all'elemento
soggettivo del reato ( di certo indispensabile per l'integrazione
dell'illecito) alcuni giuristi ritengono che la condotta dell'agente
sia caratterizzata dal “dolo generico”, mentre secondo altri
viene in rilievo il “dolo specifico” giacchè il persecutore, è
ben consapevole di tenere comportamenti produttivi, in volgere di
tempo, degli accadimenti dannosi di cui sopra. Stante la clausola
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato...” con cui
esordisce l'art. 612 bis c.p. È innegabile come la disposizione in
esame abbia carattere residuale: essa non troverà applicazione
allorquando nei fatti accaduti sia ravvisabile un illecito più
grave. Per ciò che concerne il bene giuridico tutelato dalla norma,
esso va certamente individuato nella “libertà morale” intesa
quale attitudine dell'individuo ad autodeterminarsi. Tuttavia,
secondo l'Avv. Luigi Modaffari, il reato de quo è “pluri-offensivo”
poiché le succitate condotte persecutorie possono ledere il bene
costituzionalmente protetto della salute, qualora esse cagionino alla
vittima lo stato di ansia e di paura previsto dalla norma
codicistica. Lo “stalker” ( agli effetti dell'art. 612 bis c.p.)
è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, salva
l'applicazione di circostanze aggravanti. Basti pensare che quando
il fatto venga commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato
nonché da persona un tempo legata sentimentalmente alla vittima, la
pena aumenta fino ad un terzo ( aggravante ad efficacia comune). Se
invece, la condotta è tenuta ai danni di minore o di donna in stato
di gravidanza ovvero di persona disabile oppure da individuo
travisato o con l'uso di armi, la pena è aumentata fino alla metà (
aggravente ad effetto speciale). Qualora, infine, lo “stalking”
venga effettuato da soggetto già ammonito dal Questore ( ai sensi
dell'art. 8, comma 3, d.l. n. 11/09) si applica un aggravamento di
pena pari ad almeno un terzo ( aggravante ed efficacia comune).
Poichè l'illecito de quo incide direttamente sulla sfera privata
della vittima, è giocoforza che esso sia procedibile a querela della
persona offesa. Il termine utile per la proposizione del lamento
penale, è fissato in sei mesi in luogo dei tre richiesti ex art. 124
c.p.. Si procede, tuttavia, d'ufficio allorchè:
a) il reato venga posto
in essere nei confronti di minore o disabile;
b) la condotta sia tenuta
con altro delitto per il quale si debba procedere d'ufficio;
c) il fatto sia commesso
da soggetto precedentemente ammonito dal Questore.
Oltre a disposizioni di
questo tipo la nuova legge, con lo scopo di indurre il molestatore a
desistere dal proprio comportamento, prevede uno strumento di natura
amministrativa che può intervenire “ante causam” e cioè prima
di un procedimento penale. Significativamente l'art. 8 stabilisce
come la persona offesa, fino a quando non sporga formale querela,
possa avanzare all'Autorità di Pubblica Sicurezza richiesta di
ammonimento nei confronti dello “stalker”. Prontamente trasmessa
l'istanza al Questore lo stesso ( qualora la ritenga fondata dopo
aver assunto eventuali informazioni dagli organi investigativi e
sentite le persone informate dei fatti) ammonisce oralmente il
persecutore, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.
Di ciò viene redatto processo verbale in duplice copia: l'una è
rilasciata a colui che ha chiesto l'ammonimento e l'altra
all'ammonito. Se questi persevera nel suo intento nonostante la
diffida formale, si procede ex officio contro di lui ed in caso di
condanna, dicevamo, la pena aumenta di almeno un terzo. Ulteriore
novità è costituita dall'introduzione di una misura cautelare di
tipo coercitivo, che si sostanzia nel divieto di avvicinamento
dell'imputato o indagato ai luoghi frequentati dalla persona offesa
oppure nell'obbligo di mantenere da essa una certa distanza ( art. 9
d.l. n. 11/09). E però nell'ipotesi in cui esistano motivate
esigenze di tutela, siffatto divieto può essere esteso ai luoghi
frequentati dai prossimi congiunti della vittima ovvero dai soggetti
con essa conviventi o comunque legati alla stessa relazione
effettiva. Tuttavia, se l'avvicinamento è inevitabile per ragioni
lavorative o abitative, l'Autorità Giudiziaria detta prescrizioni ad
hoc. Naturaliter affinché possa applicarsi questa misura coercitiva,
è necessaria la ricorrenza dei presupposti ex artt. 273 e ss. cp.p.
devono sussistere gravi indizi di colpevolezza, comprovate esigenze
cautelari e la misura adottata deve risultare idonea alla tutela
delle stesse. Occorre altresì, rammentare che l'art. 380 c.p.p. (
siccome novellato dalla recente legge) consente l'arresto facoltativo
dello “stalker” in flagranza di reato. Meritano, inoltre,
adeguata attenzioni talune modifiche apportate all'art. 392 c.p.p.
In materia di incidente probatorio. L'ambito operativo di esso,
infatti, viene esteso dalla nuova legislazione sia al reato di
maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli ( art. 572 c.p.) che a
quello di “atti persecutori”.
Ma v'è di più. Sebbene
il Pubblico Ministero e l'indagato siano rimasti i soli legittimati a
proporre richiesta di incidente probatorio, tuttavia alla persona
offesa si riconosce un “diritto di impulso” ossia quello di
chiedere al PM di avanzare la suddetta richiesta al GIP: E' da
notare, ancora, come il soggetto sottoponibile ad incidente
probatorio non sia più soltanto il minore infrasedicenne, bensì
genericamente il minore ovvero il maggiorenne che rivesta la
qualifica di persona offesa. Il legislatore, infine, ha modificato
l'art. 498 c.p.p. Riguardante l'esame protetto del testimone in fase
dibattimentale. Ne viene estesa l'applicazione al processo per atti
persecutori e potrà usufruire di questa protezione non solo il
minore ma anche il maggiorenne che sia al contempo vittima del reato
ed infermo di mente. Quale, dunque, il messaggio sotteso alla
normativa sui reati persecutori? Certamente quello che nei mesi
scorsi è stato diffuso dalle maggiori testate giornalistiche
nazionali, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri di
concerto con il Ministero per le Pari Opportunità: Stalking quando
le attenzioni diventano persecuzione, querela chi ti perseguita e
riprenditi la tua libertà.
Avv. Elvira Dodaro
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