martedì 15 aprile 2014

Breve riflessione sul ruolo dell’assistente sociale nell’ambito della cittadinanza attiva

Iniziamo con questo primo post ad occuparci di cittadinanza attiva e di partecipazione civile. L'attivismo civico in un momento di crisi sociale ed economica è una forma democratica di tutela dei diritti  esistenti e del  riconoscimento dei  nuovi. Il concetto di cittadinanza attiva trae origine e  fondamento nell'art.118 della Costituzione, che recita: "Stato, regioni, province, città metropolitane, comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà"

La professione di assistente sociale, nel corso del tempo ha subito numerosi mutamenti, frutto anche dell'evolversi dei sistemi di welfare nelle società moderne. Essa viene oggi designata sostanzialmente come una professione o comunità professionale caratterizzata da un’insieme di competenze e di pratiche che sono necessarie per erogare servizi alla persona di carattere assistenziale e socio-sanitario, rivendicandone tutta una serie di diritti legati alla persona e in particolare all’utente, che vive nella difficoltà. Il soggetto in condizioni di disagio e/o di disabilità diventa spesso un emarginato poiché non è in condizioni di fruire appieno dei diritti che gli derivano dal possesso della cittadinanza. Chi è anziano e sofferente, chi è malato e non autosufficiente, chi è bisognoso di assistenza spesso non è in condizioni di far valere la propria domanda sociale e i propri diritti.

Un’ assistente sociale è dunque un professionista che utilizza la relazione di aiuto e di servizio alla persona in un'ottica di promozione della partecipazione sociale e della cittadinanza attiva.
E’ in questi termini che il Servizio Sociale può essere concepito come uno dei fattori essenziali per promuovere il valore della cittadinanza attiva e della democrazia intesa come partecipazione consapevole al processo e cambiamento della società.
Come ci ricorda F. Olivetti, “nel nostro paese l'erogazione di servizi di assistenza, sia sociale che sanitaria, non è motivata da esigenze di sostegno e/o di solidarietà nei confronti di soggetti svantaggiati e/o emarginati, esso risponde esplicitamente all'esigenza civile di sostegno della partecipazione sociale e della cittadinanza attiva.” Ciò permette di distinguere il Servizio Sociale promotore del principio di cittadinanza attiva dalla beneficienza, inteso come atto caritatevole. Non si vuole infatti aiutare chi è più bisognoso perché mossi da un ideale compassionevole, per migliorare la posizione sociale di chi non è in grado o non vuole aiutarsi da solo; al contrario si ritiene che una società in cui tutti siano in grado di esercitare la propria cittadinanza è una società in cui tutti vivono meglio, dove la qualità della vita di qualunque cittadino è più alta.

Un’altra delle funzioni attribuibili alla figura dell’assistente sociale è quella relativa alla promozione e diffusione del concetto stesso di cittadinanza attiva e di cittadini europei, poiché non tutti i soggetti sono a conoscenza del vero significato e della sua accezione più ampia: un sondaggio di Eurobarometro dell’ottobre 2010 ha chiesto ai cittadini della Ue di definire il loro status e i diversi diritti che possiedono come cittadini dell’Unione europea. I risultati dicono che il 58% degli italiani sa cosa vuol dire essere cittadini europei; il 30% conosce il termine ma non sa cosa vuole dire e l’11% non ne ha mai sentito parlare. Rispetto ai diritti di cittadinanza la percentuale precipita: il 51% non è bene informato e il 15% non ne sa nulla. Inoltre per la maggior parte sono consapevoli di essere «sia cittadini dell’Ue sia della propria nazione». Tuttavia, circa un quinto degli intervistati pensa che «si può scegliere di essere cittadini della Ue».

La nozione di Cittadinanza Attiva, in questo articolo, ha un duplice e cangiante significato, con riguardo, da una parte, agli attori sociali che la compongono e, dall’altra, agli scopi che essa si prefigge. Sotto il primo punto di vista, per Cittadinanza Attiva s’intende l’insieme di tutte quelle organizzazioni nate e gestite in modo autonomo dai cittadini per prendere parte all’identificazione dei problemi di rilevanza pubblica. Sotto il secondo punto di vista, per Cittadinanza Attiva s’intende la capacità dei cittadini di organizzarsi in modo multiforme, di mobilitare risorse umane, tecniche e finanziarie, e di agire nelle politiche pubbliche con modalità e strategie differenziate, per tutelare i diritti e prendersi cura dei beni comuni, esercitando a tal fine precisi poteri e responsabilità. Poteri e responsabilità finalizzati anche e soprattutto alla tutela dei diritti, attraverso la quale la persona, singola o associata, può manifestare, far valere e rendere effettive le proprie legittime esigenze di fronte ai suoi interlocutori, o soddisfarle costruendo da sé le risposte. Secondo tali definizioni, il concetto di cittadinanza attiva richiama anche quello della sussidiarietà, orizzontale e verticale. Temi molto vicini alle pratiche del Servizio Sociale e che influenzano in modo inciso le scelte relative alle politiche sociali.

L'attuazione piena e consapevole del principio di sussidiarietà nel terzo settore dovrebbe facilitare un giusto equilibrio nell’apporto fornito dai diversi tipi di organizzazioni ed enti: tra chi rileva i problemi, chi promuove la partecipazione a cominciare dai soggetti “deboli”, chi gestisce i servizi più strutturati, chi finanzia esperienze innovative ed emulative e redistribuisce le risorse. È in questa accezione che la figura dell’assistente sociale trova ampio spazio per l’esercizio delle sue funzione e l’attuazione di quei valori e principi richiamati nel codice deontologico della professione.
A cura della Dott.ssa Francesca Filice

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