È
di tutta evidenza che le altre due funzioni sociali di cui si è
detto — l’accompagnamento e l’animazione sociale — sono
diventate appannaggio anche di altre figure professionali. Parlo per
l’Italia, dove questo processo di differenziazione professionale è
avvenuto con maggiore forza. Per cui se diciamo «operatore sociale»
in Italia possiamo pensare sì a un assistente sociale (chi ha una
laurea di classe 39) ma anche a un educatore professionale, a un
operatore di strada, a uno psicologo di comunità, a un volontario
con esperienza e ben formato, ecc. Nei Paesi anglosassoni non è
così: social work vuol dire ancora per gran parte lavoro
dell’assistente sociale, perché questo operatore ha saputo
mantenersi sui vari livelli operativi — il lavoro di caso, il
lavoro con i gruppi, il lavoro di comunità — in modo più fermo.
Recentemente, l’IFSW (la Federazione Internazionale degli
Assistenti Sociali) e l’IASSW (l’Associazione Internazionale
delle Scuole di Servizio Sociale) hanno preso atto di una tendenza
presente in molti paesi europei.
Nella
definizione ufficiale di social work approvata a Montreal nel 2000
(Hare, 2004), queste associazioni hanno definito il lavoro sociale
un’area pluri-professionale, comprendente almeno due «ordini»
professionali: gli assistenti sociali e i pedagogisti sociali (i
nostri educatori professionali). Per tutte queste considerazioni,
sostengo da anni che sarebbe interesse degli assistenti sociali
definirsi esperti di lavoro sociale e non più solo titolari di
funzioni esclusive di servizio sociale. Per gli assistenti sociali
non è conveniente lasciare l’affascinante campo dell’azione
sociale appannaggio (concettualmente parlando) di altre
professioni.
Qualora
questa scelta «di sistema» fosse difesa e portata all’estremo,
gli assistenti sociali resterebbero alla lunga privati dell’ossigeno
derivante da un autentico contatto relazionale con la società,
rischiando di restare isolati dentro il sistema e quindi di perdere
vitalità.Mi pare lampante che, se gli assistenti sociali si
rinserrano dentro il sistema istituzionale di welfare e si
allontanano dalla società, corrono dei gravi rischi. Passiamo qui
alla seconda parte dell’analisi: come i cambiamenti strutturali del
sistema di welfare impattano sull’agire professionale degli
assistenti sociali.
Fabio
Folgheraiter - Università Cattolica del S. Cuore, Milano
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